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Autore: VStrategy

Il principio di verificabilità – Come

Verificabile: è il mio mantra, una delle prime cose che ho imparato, nel marketing se un azione non è verificabile rimane solo una spesa. 

Sono due i concetti chiave per sapere se il nostro piano d’azione sarà più o meno efficace.

INDIVIDUA LE METRICHE GIUSTE

I parametri che potenzialmente si possono tenere sotto controllo sono quasi infiniti e spesso capita che per soddisfarne alcuni, vengono meno degli altri. Vanno in contrapposizione. Un esempio banale di metriche di una pagina Facebook di un professionista dove si è condotta un pò di pubblicità (advertising). Le metriche o KPI: 

  • Numero like pagina
  • Numero follower pagina
  • persone raggiunte (portata del post)
  • Conversioni della call to action
  • Interazioni (like al post, condivisioni ecc)

Se in questo caso l’obiettivo del professionista fosse: farsi chiamare per avere più informazioni sul servizio pubblicizzato, allora l’aumento dei like e dei follower della pagina non ci interessano perché la scaletta delle metriche fondamentali sarà:

  1. Persone raggiunte dal post —> primo risultato chiave
  2. Interazioni con il post da parte delle persone raggiunte —> secondo risultato chiave

Metrica obiettivo —> Conversioni: numero di persone che hanno aderito all’iniziativa del nostro professionista. 

In questo caso specifico e ipotetico (ma neanche tanto) il numero dei like e dei follower seppur fondamentali per gli obiettivi del personal branding non è di nostro interesse perché appunto non è un azione che come scopo ha aumentare la conoscenza del nostro brand. Di conseguenza non ci interessa (sempre in questo caso) se il numero dei follower è diminuito, può darsi che il professionista in questione aveva dei follower non fidelizzati e che non erano facenti parte della sua nicchia di riferimento quindi non possiamo ne prendere in considerazione questa metrica ne valutarla come negativa. 

DOVE NON ESISTONO METRICHE CREALE

Il professionista di prima ha ben pensato di investire in cartellonistica stradale, una bella immagine, una bella chiamata all’azione del tipo: chiama subito ecc. 


Domande: 

  • come fa a sapere quante di quelle persone che chiamano per un appuntamento lo stanno facendo grazie al cartellone?
  • Come fa a sapere quante sono le persone che vedono il cartello, ma decidono di non chiamare?
  • Come fa a sapere quante sono le persone che chiamano in differita dal periodo di campagna? Nella maggior parte dei casi a meno che non si tratti di promozioni a tempo, molte persone non hanno ancora maturato l’esigenza, dunque chiameranno il professionista dopo qualche tempo. 
  • Quante persone ecc.?

Non ci sono delle risposte effettive. Oggi grazie a tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione possiamo rendere verificabile anche la cartellonistica stradale, magari inserendo un qrcode bello grosso all’interno del nostro manifesto. Allora sì che il professionista avrà modo di tenere sotto controllo, la call to action è il qrcode:

  • il numero di persone che chiamano grazie al cartello stradale (ovviamente con un percorso dedicato).
  • Non potrà comunque determinare il numero di persone che pur vedendo il cartello non scansiscono il codice, ma conoscerà il numero di tutte quelle che l’hanno scansito e poi non hanno chiamato.
  • Conoscerà quasi perfettamente il numero di tutte quelle persone che lo chiamano in differita dal periodo di campagna grazie al percorso dedicato. 

In questo modo (un pochino banalizzato) potrà valutare l’investimento cartellonistica perché si è creato delle metriche prima impossibili da tener sottocchio. 

In definitiva se non c’è alcun modo per conoscere i parametri o le metriche o per dirla in modo fighissimo le nostre KPI (Key – Performance – Indicator), cambiamo azione, ci conviene, anche perché non avendo alcuna traccia di quello che sta succedendo non possiamo neanche aggiustare il tiro per le azioni successive. 

Hai mai pensato in questi termini?

Quante azioni stai portando avanti senza averne prima definito le metriche per te importanti?

Rimarrebbe un pensiero fine a se stesso se ora non ti dicessi: 

“Non hai ancora individuato le tue metriche? SCRIVIMI una mail: francesco@francescoverzoni.it, prendiamo un appuntamento, fissiamo una call e capiamo quello che possiamo fare insieme per far crescere in maniera vera e sana il tuo business!” 

🙂

Buon marketing Amici

Evviva il riciclo!

La tecnologia, il frutto della nostra ratio più sopraffina, ha portato con sé tanti ma davvero tanti effetti collaterali positivi e no. In tutti i campi e in tutti i sensi, così come nel marketing, si è assistito ad un evoluzione senza precedenti, basta pensare che ultimamente le campagne elettorali sono approdate su Tik Tok. Tutta questa tecnologia ha portato una bella e grossa ventata di aria “fresca”. 

Sto per arrivare ad un bel “ma”, uno grosso come una casa. 

MA, il problema spesso è che viene sottovalutato il “vecchio”, l’analogico, o meglio siccome si tratta di vecchio appunto non viene preso in considerazione. Dimenticarsi che alcune pratiche analogiche conservano dei valori immortali.

A me piace il vecchio.

L’antico stile orientale mi ha da sempre affascinato ed appassionato. Lo percepisco ricco di contenuto e di mistero. Rispetto allo stile occidentale ha un qualche cosa di profondo e rilassante.  Sono di certo un suo grandissimo fan. Anche qui, MA, stili a parte, è necessario trovare un equilibrio, dove il nuovo riesce a comunicare con il vecchio. Quando viene trovato l’equilibrio è BINGO.

Arrivo subito al punto e ti fornirò una strategia bella e pronta da poter utilizzare per la tua azienda!

VECCHIO

Qualche anno fa le aziende spendevano tanti, ma tanti soldi in campagne di volantinaggio, vele ecc. Oggi sono rimaste in 3 o 4. Forse sono rimaste le onlus e qualche compagine di telefonia di quelle coi collaboratori che consegnano a mano i volantini nei centri commerciali. La lacuna più grande di queste strategie è l’incognita. Si riescono a quantificare: il costo per la stampa dei volantini, quante persone sono state raggiunte, quante hanno detto “sì” e quanto è costato arrivare fisicamente in quel posto dall’associazione. Per quanto riguarda tutti gli altri dati che interessano a uno come me, non abbiamo riscontri. Non sappiamo perché e le persone hanno detto “no”, non sappiamo quante di queste hanno spostato il 5×1000, che quindi sono andate in up-selling, non sappiamo se e quante hanno deciso di perorare la causa attivandosi con il passaparola.

Si lavora un pò alla ceca, a sentimento. Per carità io sono un sostenitore convinto dell’istinto, ma tutto ha un suo equilibrio e l’istinto è un’altra storia. 

NUOVO (più in voga, ma lo stesso poco proficuo)

Oggi la principale convinzione è che basta utilizzare strumenti digitali per stare al passo coi tempi e poter accedere al proprio mercato. Di primo acchito anche un associazione potrebbe dire: “non facciamo più volantini, mandiamo una mail, facciamo una bella newsletter”. 

Di certo entreremo in possesso di un maggior numero di metriche ma in egual maniera stiamo lavorando con la legge dei grandi numeri e ahimè questa legge è sempre meno proficua e come dice il termine stesso impiega una gran quantitativo di energie e risorse non necessarie. 

Comunque è necessario rendere bene la mira.

Per le associazioni il discorso si complica all’apparenza perché si pensa che tutti potenzialmente potrebbero essere interessati alla propria causa. Lavorando nel piano emozionale si dicono: “troveremo x persone su y emozionalmente più o meno disposte”. Forse. “Vendendo” libere offerte non si pongono obiettivi concreti come ad esempio aumentare l’offerta media, piuttosto che portare il 30% dei clienti in up-selling ovvero vendendogli il 5×1000 oltre che l’offerta liberale iniziale. E trasferendo i volantini su di una newsletter credono che il gioco è fatto. Tutt’altro, la newsletter è uno strumento molto potente solo con poche categorie di clienti, la maggior parte è spam. 

IL VECCHIO AFFINATO DAL NUOVO

Rimaniamo con i due nostri volontari al centro commerciale. Anziché consegnare un semplice volantino, consegnano un esperienza digitale da far fare quando l’utente è più comodo. È risaputo che ci si reca nei centri commerciali per fare la spesa o shopping e di certo l’attenzione del malcapitato in quel preciso momento è rivolta solo verso i propri obiettivi: compare ciò che ha deciso di comprare. Poi c’è la fila alle casse, poi c’è la paura di non trovare il proprio articolo, poi ci sono tanti poi. 

Quindi, viene offerta da volontari (formati) un’esperienza. Consegnato il volantino, scansito il qrcode l’utente inizia la sua esperienza alla fine della quale ottiene qualcosa (è un qualcosa stabilito dalla profilazione della buyer persona, cliente target), in caso di abbandono gli verranno chiesti feedback. A questo punto il viaggio dell’utente può essere sviluppato in mille maniere diverse, può condurlo ad una prima e semplice donazione per poi fidelizzarlo con la newsletter con la quale si farà up-selling eccetera eccetera. 

In un percorso ipotetico come questo avremo sotto controllo i parametri a noi necessari. Ogni parametro verrà modulato in base ai nostri obiettivi e sulla base degli strumenti utilizzati.

Fammi sapere cosa ne pensi, se sei un associazione ti conviene scrivermi una mail XD

Scherzi a parte, uno stupendo proseguimento di giornata e buon marketing.

Pt 6 – Mancanza di collegamento

La comunicazione monotematica è amica per la pelle della mancanza di collegamento. Perché in realtà non basta differenziare. 

Sicuramente seguire una tipologia di comunicazione monotematica è fuori dubbio meno piacevole rispetto ad una differenziata. Ad esempio, leggere, sentire o vedere la stessa tipologia di contenuti condivisi sulla pagina Facebook è noioso. Fai finta che l’azienda x, produttrice di macchine industriali, tutti i mercoledì alle 10:00 condivide un post dove racconta e fa vedere il funzionamento delle sue macchine. Ok, ne avrà di 300 tipi che basterebbero per riempire qualche anno di comunicazione, ma allo stesso tempo dopo anche solo 2 post del genere direi che il suo pubblico ha capito di cosa si tratta. Allo stesso tempo, tecnicamente solo l’azienda x è in grado di cogliere le sfumature fra una macchina e l’altra, di fatto agli occhi del suo pubblico la comunicazione risulterà monotematica. 

Ora racconterò un aneddoto che mi ha riguardato da vicino, dal quale ho davvero imparato molto. 

IERI L’ALTRO L’ALTRO

Prima di aiutare le aziende elaborando strategie di marketing, facevo l’assicuratore. E nell’ultimo periodo di servizio ho avuto un approccio ravvicinato con il mondo del web per la mia ex azienda e quindi anche dei social. 

Da “addetto ai lavori” non riuscivo a cogliere il punto. Mi spiego, ho fatto costruire un sito secondo come la mia testa avrebbe voluto che il cliente si approcciasse digitalmente nei miei confronti. Call to Action (bottoni da cliccare), form contatti, percorsi studiati con un obiettivo (funnel) ecc. ecc. Tutte cagate. La mia comunicazione era basata sul perché DEVI ASSOLUTAMENTE acquistare una polizza di qualche sorta e sul guarda quante cose ti spiego. Questa polizza ti serve perché ti copre la casa, quest’altra perché la scarichi dalle tasse e via dicendo. Morale della favola: il sito veniva usato dagli utenti per verificare gli orari di apertura al pubblico del mio ufficio. Punto.

La stessa cosa vale per la pagina Facebook che fortunatamente all’epoca ho deciso di rimandarne l’apertura. Sarebbe stata una pagina contenente post informativi del tipo: siamo professionali, siamo colti, siamo amichevoli e questi sono i prodotti migliori per te.

Attenzione, ho copiato quello che ho visto fare dai miei ex competitor. Ho preso quelli più fighi e tarato di conseguenza la mia comunicazione. 

Ultima analisi autocritica, avevo creato dei giri sul sito pazzeschi, arrivava il mess su whatsapp, poi andavi sul sito, poi scrollavi, poi scaricavi il pdf poi ci dovevi chiamare poi… hai abbandonato a whatsapp. 

Nel frattempo ero frustrato, chi non lo sarebbe. Pensi di fare una cosa a regola d’arte, soprattutto figa e quando non arrivano i risultati compare la frustrazione, è normale. 

Infine, un po’ amareggiato, mi sono fermato. 

OGGI

La comunicazione efficace è SEMPLICE.

Ho ripreso in mano la comunicazione dell’azienda come consulente esterno. Ho ristudiato e analizzato mercato, competitor (concorrenza), buyer persona (cliente target) ecc. e ho rielaborato una nuova strategia. Non dico come sta andando neanche a voce bassa, sono un po’ scaramantico, ma puoi intuire. Dopo un completo wash out dal settore, ho apprezzato il punto di vista del potenziale cliente. Oggi l’Azienda non parla di prodotti, non racconta tecnicismi, alle volte parla in dialetto. Oggi l’Azienda offre dei servizi in digitale per i suoi clienti, come prendere appuntamento autonomamente dal sito, il cliente può farlo a qualsiasi ora, da qualsiasi posto. Oggi per l’Azienda, Facebook è la piattaforma usata per condividere informazioni utili su procedure, aggiornamenti legislativi e curiosità divertenti del settore. 

La comunicazione è incentrata sulla fidelizzazione della clientela (che porta altra clientela, essendo un attività locale), fine, nulla di più. Ho scritto su un foglio bianco “FIDELIZZAZIONE”, l’ho puntato e da li sono ripartito. 4 domande banali sul come l’Azienda possa fidelizzare davvero i suoi clienti e la differenziazione di cui parlo è uscita fuori in maniera naturale. Il bello è che in maniera altrettanto automatica è davvero TUTTO collegato. 

A buon rendere e buon marketing!

Pt 5 – Comunicazione monotematica

Ti sei mai chiesto: “a chi è rivolta davvero questa comunicazione x?”

Se la risposta è “siorsì”, c’è la quasi certezza che buona parte dei contenuti condivisi nelle varie piattaforme superino le aspettative del tuo pubblico.

Se la risposta è “no, condivido quello che capita” beh, la “fortuna” sarà la tua alleata migliore. 

Dunque, buona fortuna.

Analizzando parecchie tipologie di comunicazione in ambiti anche completamente diversi e studiando, approfondendo i numeri per migliorare le performance, mi sono accorto che con il tempo ho suddiviso le aziende in due macro categorie: Aziende Boomerang e Aziende Servizio.

Lasciando l’etica da una parte, in sostanza, al di là del moralismo e soprattutto di quello finto, ho trovato degli effetti curiosamente diversi per le due tipologie di comunicazione. 

Aziende Boomerang

Sono tutte quelle aziende i cui contenuti sono al 60% auto-celebrativi e per il 40% informazioni auto-compiacenti. 

Mi spiego meglio.

CONTENUTI AUTO-CELEBRATIVI: sono rappresentati da momenti di traguardo raggiunto.
INFORMAZIONI AUTO-COMPIACENTI: sono rappresentati da un semplice 10 e lode dato a se stessi, ai propri prodotti o ai propri servizi. 

Ora, al di là delle critiche o peggio giudizi, per come la vedo io stanno a zero, sono per “ognuno come gli pare, ognuno dove gli pare e ognuno come si sente” Cit. 

Approfondendo le conseguenze di questo tipo di comunicazione ho notato che il pubblico rimane apatico, distante. Per logica, riflettendoci un pò, questa reazione è corretta, è un tipo di comunicazione che l’azienda lancia verso l’esterno, quando la vera direzione è l’interno di se stessa. Di fatti, torna indietro come un boomerang.

Ripeto, giudizi sciocchi a parte, credo che sia un tipo di comunicazione più immediata, più semplice, non ci si devono porre interrogativi profondi e sono sicuro che come me all’inizio continuano a cascarci in tanti. 

Esempi pratici:

  • Oggi siamo andati a ritirare il premio come miglior istituto innovativo che combatte problemi di calvizie nel mondo;
  • Grazie presidente X che ci hai onorato con la stelletta perché siamo molto bravi;
  • Oggi abbiamo sconfitto la disoccupazione assumendo 300 nuovi dipendenti.

Fruendo di contenuti di questo tipo, cosa ti rimane? Cosa te ne viene? Hai migliorato concretamente anche solo un secondo della tua vita? Pensi che il Brand abbia conquistato più fiducia nei tuoi confronti? 

Oppure ti ha trasmesso: “siamo davvero importanti e non siamo alla tua portata?”

Puoi rispondere sinceramente, sono pensieri. 

TRASFORMAZIONE SURREALE (secondo la mia visione)

  • Puoi iniziare a combattere il problema di calvizie mangiando pomodori, ha fatto bene anche all’ex pelatone che vedi in foto (mentre consegna il premio tanto ambito);
  • Mega selfie di oggi: presidente X, domani a chi toccherà? Muhuhahahah
  • Rubrica “Come stanno i nostri nuovi  dipendenti”.

Aziende Servizio

Sono realtà che hanno a cuore il proprio cliente target, tengono davvero a lui perché con il loro mestiere riesce a migliorare il livello del proprio benessere. In senso completamente ampio. Un grafico che si mette a nudo e anziché postare su LinkedIn il raggiungimento di un nuovo cliente importante, condivide con la community il ragionamento fatto per portare a termine il suo lavoro (Alessandro Giammaria). Il mitico Fabio  che coltiva la rubrica delle news più interessanti che riguardano il mondo digital, ora un sacco di gente sa che per restare ulteriormente aggiornata basta che si guardi uno dei suoi brevi video, anche ironici, il sorriso non manca mai. Questo per non fare esempi distanti dalla maggior parte di noi. Un’azienda cliente anziché condividere notizie di primati mondiali raggiunti, condivide informazioni utili concretamente ai suoi clienti e potenziali clienti. Ho i numeri, li hai anche tu, guarda i social.

Distinti i due grandi gruppi, arrivo alla monotematica, occorre differenziare la comunicazione adottata dalle Aziende Servizio:

  • Condivisione informativa;
  • Condivisione pratica;
  • Condivisione azione. 

Tenere a mente che per ottenere una autentica audience non basta stare dalla parte giusta, occorre differenziare perché il nostro cliente ha bisogno di tutto quello che siamo in grado di dargli. 

In pochi parlano di COME hanno fatto. Dei problemi che hanno riscontrato e di COME hanno fatto per risolverli o non risolverli.

Siamo qui per servire gli altri. È sicuramente il mio punto di partenza.

Il prossimo articolo si intitola: mancanza di collegamento

Uno splendido proseguimento di giornata e…

Buon Marketing!

Pt 4 – L’Advertising non è la scorciatoia

Utilizzare le piattaforme come Facebook, Instagram o LinkedIn ci ha permesso di sviluppare un pensiero sul loro funzionamento. Come ho già scritto in articolo precedente: “Non possiamo fermarci alla superficialità dell’esperienza vissuta”. Occorre capire cosa c’è dietro il post condiviso dall’azienda x o dal professionista y. 

Quando si legge o si ascolta un contenuto altrui, ci fermiamo necessariamente nella comprensione dello stesso, magari non ci viene proprio naturale chiederci: “Perché ha condiviso questo contenuto?”, “Qual era il suo obiettivo?”, piuttosto che “Io faccio parte del suo pubblico target?” 

Sempre probabilmente da non addetti ai lavori si pensa che basta fare un po’ di questo, condividere un po’ di quello e infine spingere con un po’ di Advertising. 

La “best practice” non è così semplice, ma neanche troppo complessa.

Come in ogni altro ambito del digital marketing, la strategia di marketing, il marketing operativo, il sito web, la newsletter ecc.  occorre dare una motivazione specifica all’azione programmata. 

Ad esempio, una volta redatto il piano editoriale per la piattaforma Facebook, sempre tenendo conto degli obiettivi aziendali, ci sarà chiaro se l’azione di sponsorizzazione di un contenuto specifico è necessaria o meno.

Decidere che va sponsorizzato un contenuto, selezionato più o meno con accuratezza, perché almeno si raggiungono più persone è molto probabile che quella campagna pubblicitaria a pagamento non ripaghi l’investimento. 

Un esempio concreto: lo scorso anno ho ideato la strategia per un Azienda che opera nel mondo finanziario e assicurativo. Nel piano d’azione era compresa una campagna Google Ads con una landing page (pagina del sito dedicata alla campagna – lett. pagina di atterraggio) incentrata sulla promozione di un servizio satellite che è il lungo noleggio di autovetture. 

Mi è stato chiesto dal Titolare dell’Azienda: “Non è meglio che promuoviamo i servizi incentrati sul nostro core business come le polizze sanitarie? Inoltre osservando i competitor vedo quasi solo pubblicità di sconti e di prodotti.” 

Molto in breve e senza andare fuori tema, per la sponsorizzata ho scelto il servizio di lungo noleggio perché sarebbe interessato alla loro buyer persona desiderata (cliente target desiderato), tenendo conto che una volta contattati per il servizio si sarebbe creato un database con nominativi “caldi” da ricontattare o semplicemente che dopo il primo approccio alcuni avrebbero seguito l’azienda sui social. 

Contatti che potenzialmente hanno già compiuto il primo passo verso l’azienda e i suoi servizi. Contatti che in un secondo momento potrebbero acquistare i prodotti goal dell’azienda. 

Vista dall’esterno, con l’occhio del fruitore è molto probabile che si perda la parte strategica del ragionamento. 

In sostanza, puoi spendere per una campagna ADV dando un boost alla prima cosa che pensi (come fruitore) sia proficua: un prodotto che vuoi vendere di più. 

Oppure

Scegli di investire facendo performare una campagna ADV è ottimizzare il potenziale espresso dal boost che le piattaforme ci permettono di utilizzare. 

Se dovessi optare per la seconda, occorrono:

  • Analisi di mercato;
  • Analisi delle buyer persona, attuali e desiderate;
  • Analisi della tua Azienda;
  • Analisi dei Competitor;
  • Analisi e report degli strumenti digitali che utilizzi;
  • Strategia;
  • Piano d’azione.

Si trova tutto lì.

Vuoi approfondire? SCRIVIMI 🙂

Nel prossimo articolo tratteremo il quinto motivo: “Comunicazione monotematica”.

Buon proseguimento di giornata e…

Buon Marketing

Pt 3 – Mancanza di report

Entriamo nel vivo del mio lavoro, ideare una strategia di marketing efficace dopo aver trasformato i numeri in delle informazioni fruibili e di sostanza. 

Il misfatto più grande? L’azienda smette di far tradurre i numeri che si genereranno e la strategia iniziale non viene più implementata.

I report sono noiosi, la maggior parte delle volte vengono presentati in Madre Lingua rigorosamente numerica, come se possano essere tradotti all’istante e senza sforzo dai nostri interlocutori. Un ora e più a leggere i numeri, bello eh?

Ti dico la verità, all’inizio mi è capitato di terminare riunioni con la metà dei “non addetti ai lavori” che si era dolcemente appisolata. 

Grande Francé! 

Ho fatto ammenda, ora li presento tradotti in italiano e le info sono supportate dalle immagini e la parte numerica rimane a disposizione, ma in terzo piano. 

Andava fatto, un po’ di “mea culpa” ci sta sempre.

Tornando ai numeri

Solo loro sono in grado di dirci cosa fare. Purtroppo la maggior parte delle volte le nostre percezioni dicono cose diverse da quello che i numeri ci mostrano. 

“I numeri quando strapazzati dicono sempre la verità” Cit (uno dei miei Mentori più influenti)

Ti è mai capitato di vivere un momento lavorativo che ti è sembrato pienissimo, hai parlato con un sacco di gente nuova, hai portato avanti diversi lavori, ne hai presi dei nuovi ecc. poi, verso la fine del mese quando fai il check ti accorgi che in realtà è andata molto diversamente da come avevi percepito. Pensavi ad un over e invece l’utile è inferiore a quello dell’anno precedente sullo stesso periodo. Questo genera confusione che probabilmente ti porterà a compiere delle azioni messe lì a caso, reazioni ad una situazione non definita. 

Pretendi i report e pretendili in ITALIANO. 

Tra imprenditore e consulente è necessario un legame estremamente fluido e trasparente. 

Ovvio, sempre che si voglia raggiungere le proprie mete 😀

Se hai bisogno io ci sono, scrivimi.

Il prossimo articolo, come da tabella di marcia: Pt 4 – L’Advertising non è la scorciatoia.

Buon Marketing!

Pt 2 – Il copia e incolla

Può sembrare semplice parlare di quanto sia sbagliato il copia e incolla, soprattutto se circoscritto al copiare pari pari il materiale che si reperisce sul web. 

È un discorso più ampio.

Premetto che: qualsiasi azione si faccia nel web è per condividere qualcosa con qualcun altro, informazioni, prodotti, servizi ecc.

Nel momento in cui condividiamo qualcosa che non è nostra o fatta nostra – al di là del mero concetto di proprietà intellettuale – non sarà efficace. Saremo uno dei tanti, un numero o per dirla in linguaggio degli internauti un link come un altro. 

Mettiamo caso che due aziende competono in internet con il proprio e-commerce sullo stesso prodotto. In questo contesto non ci interessano né nome, né logo, facciamo finta che abbiano entrambe gli stessi gradi di Brand Awareness e Brand Proposition (utopia, ma stiamo facendo finta) ecc. I due competitor sono pari in tutto, anche sul prezzo di vendita dell’articolo. A questo punto la domanda: “in quale e-commerce compreresti quel prodotto?”

Sarebbe indifferente. 

L’indifferenza viene creata dal copia e incolla, ecco perché è molto importante essere autentici, siamo tutti diversi, possiamo avere delle similitudini, tuttavia è altrettanto vero che ognuno di noi (vale anche per le aziende) ha delle caratteristiche UNICHE. Sono le peculiarità a fare la differenza. Attenzione, non significa andare contro corrente o divenire il “bastian contrario” di ogni situazione optando per azioni estreme in ogni circostanza, significa far presente alle persone che girano per il web quali sono le nostre VERE caratteristiche distintive. 

Contestualizziamo pragmaticamente l’esempio per i canali social.

Oggi siamo un azienda artigiana che confeziona tende d’arredo indoor. Avremo in comune ai nostri competitor dei fornitori di tessuti, di tende semi confezionate ecc. ecc. Ci capiterà di mostrare allo stesso cliente la stessa merce. È questo il punto. 

Sarebbe utile incentrare buona parte della nostra comunicazione sui prodotti? 

Rischiamo di diventare quel numero che non ci si addice. In questo specifico caso sarà il come a fare la differenza. Come lavora la nostra azienda nei confronti del cliente. 

Scimmiottare la massa non porta alcun beneficio. Ci si affida alla legge dei grandi numeri sempre meno generosa. Vedo pagine social su pagine, identiche se non per il nome, il logo e la località: post di quanto siamo fighi, post troppo tecnici per essere compresi incentrati su di un prodotto che rivendono in mille, post legislativi “si deve fare così perché io so”. È triste perché da consumatore fatico a scegliere. Sono portato sempre di più a guardare il prezzo piuttosto che l’interno della scatola.

Amazon ne è la piena dimostrazione.

Prima di Amazon c’erano Ebay come altri marketplace. Dopo di Amazon, il vuoto. Amazon ha puntato tutto sulle sue peculiarità, inconfondibili e uniche. Ha ideato un Customer Journey fra i più efficaci. Al di là delle opinioni soggettive è un dato di fatto. Ha creato una “catena di montaggio” davvero efficiente. Gli stessi prodotti si possono trovare ovunque, ma a tutt’oggi non esiste azienda che abbia la stessa “catena di montaggio”, peraltro basata sulla comodità dell’utente ad ampio spettro. Mi riferisco a tutto il metodo, acquisto e spedizione che ha ideato e messo in piedi. Se hai acquistato su Amazon riesci a capirmi, alle volte mi è capitato di comprare un articolo sulla piattaforma semplicemente per la comodità di averlo il giorno dopo a casa mia anziché prendere l’auto sorbirmi un po’ di traffico ecc.

Per dire agli altri “sono UNICO” occorre conoscere a fondo la propria azienda. 

La mia esperienza? 

È stato difficile, ora lo è un po’ meno. In ogni cosa che condivido mi pongo mille domande fra le quali:

  • Sono io?
  • Qual’è il mio valore aggiunto?
  • Questo è il mio tono di voce?
  • Mi sceglierei?

Il prossimo motivo per il quale non otteniamo l’attenzione che vorremo nei canali social è: “L’Advertising non è una scorciatoia”.

Buona giornata e Buon Marketing!

6 motivi per i quali non ottieni l’attenzione che vorresti nei canali social

PT 1: Si parte senza strategia

Grazie alla mia professione di stratega marketing, nel tempo ho stilato una classifica dove riporto i “must to do” e i “must not do”. Oggi condivido quelli che sono le sei cose che non farei per i social se si vuole ottenere audience e ancor più, se il social utilizzato ha fra gli obiettivi la conversione del potenziale cliente. 

  1. Si inizia senza strategia
  2. Copia-incolla 
  3. Mancanza di report
  4. L’Advertising non è una scorciatoia
  5. Comunicazione monotematica
  6. Non c’è collegamento

Vedremo insieme punto per punto ed oggi affrontiamo il primo.

SI INIZIA SENZA STRATEGIA

Voglio “difendere” per un attimo questa possibile mancanza. Ci viene naturale pensare di saperne dell’argomento social per un motivo fondamentale: il nostro cervello non è completamente digiuno della tematica anche quando non siamo iscritti direttamente su nessuna piattaforma. La maggior parte delle volte mi confronto con imprenditori che hanno Facebook o Instagram o entrambi e utilizzandoli per scopi personali pensano di sapere “come funziona” e in un certo senso è così. Alle volte mi confronto, invece, con imprenditori che non sono iscritti ad alcun social network, ciononostante li vivono lo stesso, grazie alla moglie, ai figli ecc, in un certo qual modo si sono dovuti “informare” in modo indiretto. Ergo, nessuno escluso. Sto parlando di un processo che avviene inconsciamente: pensi di saperne perché hai vissuto delle esperienze a riguardo – ricorda però che le hai vissute da utente.

Che cos’è una strategia social? 

Una strategia social è un idea di comunicazione basata su studi e report reali, numeri. Ci indica come possiamo raggiungere il punto “B” partendo dal punto “A”. Tiene conto di tutti i fattori utili come: obiettivi, budget a disposizione, il cliente target o buyer persona, il mercato, i competitor, la stessa Azienda ecc. Quando si è capito come raggiungere il punto “B” dalla strategia prende forma il piano d’azione, l’idea viene “scaricata a terra”, si concretizza con azioni ben precise e definite nel tempo. La strategia si trasforma in un programma ben dettagliato con annesse le metriche da analizzare che ci permetteranno correzioni di rotta eseguite con cognizione di causa. Con metriche intendo solo quelle propedeutiche al raggiungimento del nostro obiettivo, ad esempio: se decidessimo di aprire una pagina Facebook con l’obiettivo di aumentare il grado di fidelizzazione dei nostri clienti mettendo loro a disposizione una community o dei servizi mirati, sicuramente l’engagement rate (il “livello” di ingaggio dei nostri utenti) sarà una delle nostre metriche di riferimento. La copertura (persone raggiunte) dei nostri post sarà la metrica da considerare come “risultato chiave” rapportata ai clienti che ha l’azienda e cosi via.

Partire con pochi elementi e senza una direzione ben precisa porta ad un dispendio immane di energie, sarebbe salpare con la propria barca a vela con un idea circa il posto da raggiungere e allo stesso tempo non conoscendo le miglia da percorrere, il tempo di viaggio, il calcolo dei possibili imprevisti, non sappiamo se le provviste basteranno e cosa più importante andremo a zig zagare per mare correndo grossi rischi. 

Poi alla fine va bene anche lasciarsi andare, se calcolato, è meraviglioso farsi trasportare dalla corrente.

La prossima settimana: Pt 2 Il copia e incolla

Dopo questo epilogo marittimo, anziché buona giornata e buon marketing…

Buon Vento

Il sito web… Bello, mi piace!

Bello e brutto, due parole da abolire quando parliamo di marketing.

Caro imprenditore, spero (come sempre) che quello che leggerai possa aiutarti. Oggi in particolar modo, a valutare meglio le richieste fatte agli operativi che lavorano per la tua comunicazione: logo, sito, post su Facebook, grafiche ecc. ecc.

È facile cadere in tentazione della parola bello, come quando Gesù veniva tentato dal Diavolo nel deserto.

Oggi biblico 😀 .

Ieri ho partecipato ad una riunione con un cliente dove si è discusso di restyling completo del sito web, grafica, copy, layout, funnel ecc. È un azienda che opera nel settore chimico-farmaceutico e in questo momento il sito web ha bisogno di una “rinfrescata”. L’esperienza dell’utente che entra sulla piattaforma in questione non è più allineata con i nuovi obiettivi. Prima era un sito “vetrina” – nel momento in cui esiste un sito, deve fare necessariamente qualcosa. La parola vetrina non rende l’idea in quanto statica e di sola apparenza, dunque è ingannevole – ora dovrebbe diventare una piattaforma dove il potenziale cliente (B2B) deve fare qualcosa, mi fermo qui vista la riservatezza del caso. 

In sostanza, approvata la strategia di marketing che ho ideato per quest’azienda, siamo partiti, e  ieri c’è stata la riunione “web site” insieme al grafico, al copywriter e allo sviluppatore web. Hanno partecipato anche il commerciale di punta e il direttore commerciale oltre che il CEO.

Le frasi più gettonate: “questa cosa però era bella”, “quest’altra cosa era attraente”, “quest’altra invece no”.

Cacchio, è difficile non parlare a modi dottorino, però tengo oltremisura ai piani ben riusciti e il bello o il brutto non sono le leve che ci interessano. Nel marketing esiste ciò che funziona molto bene, ciò che potrebbe funzionare o nel peggiore dei casi ciò che non funziona affatto. 

Non possiamo valutare il logo o, come in questo caso, il sito della nostra AMATA azienda come belli. Il logo nello specifico è il nostro marchio e deve trasmettere necessariamente qualcosa, anche se appare come “brutto”, tuttavia riesce a trasmettere quelli che sono le caratteristiche peculiari dell’azienda allora VA BENE! Questo concetto vale per ogni altra cosa compreso il sito web.

Mi spiego meglio.

Secondo i dati elaborati per la piattaforma, come tempi di permanenza, quante persone vanno nella pagina x, quante altre trovano il sito grazie alla ricerca Google, quante di queste scrollano e fanno quella cosa ecc., abbiamo ritenuto necessario rivalutare il sito nella sua interezza. Visto e considerato che ora l’utente dovrà compiere davvero delle azioni, è necessario rivedere il copy, ovvero la componente testuale, il layout e la parte grafica insieme alle call to action, i famosi bottoni che l’utente dovrebbe cliccare quando interessato.

Tutti questi elementi tengono conto dei valori aziendali da trasmettere, il tono di voce, come l’azienda si propone nei confronti dei suoi clienti e gli obiettivi.

Ora ne sparo uno a caso e banale, sempre per motivi di assoluta riservatezza.

Vogliamo attirare nuovi clienti con il nostro sito internet e farci contattare direttamente da li, perfetto.

Sequenza a caso, ogni azienda è a sé.

Il copy è la nostra voce, parlerà al nostro posto, quindi come sopra, dovrà avere il nostro tone of voice, dobbiamo essere riconoscibili e dovrà portare il nostro interlocutore a cliccare quel famoso bottone. La grafica dovrà venire in aiuto del copy, agevolargli il lavoro. Il layout dovrà essere come le mura dell’abitazione, corridoi dove sono richiesti e soprattutto, semplicità. 

La nostra opinione qualitativa non ha senso di esistere mettendo insieme tutti questi fattori. L’obiettivo primario è quello di riuscire a creare un’ecosistema che fa bene il suo mestiere. 

Che ci piaccia o meno, essere belli non significa essere bravi.

Hai mai riflettuto in quest’ottica? 

Spero di averti fornito un diverso paia di occhiali, non dico di buttare via subito quelli vecchi, intercambiarli con il giusto equilibrio può essere sempre utile.

Il prossimo articolo: “6 motivi per i quali non ottieni l’attenzione che vorresti sui canali social pt 1: partire senza strategia”.

Come sempre uno splendido proseguimento di giornata e…

Buon Marketing!

E-mail marketing – COME

Poesia del giorno:

“Gli utenti vogliono poter apprezzare i nostri contenuti,

Gli utenti vogliono poter apprezzare i nostri contenuti,

Ancora.

Gli utenti vogliono poter apprezzare i nostri contenuti.”

L’utente è contento quando apprezza. Se è contento è soddisfatto, se è soddisfatto si fida. 

AGAF è l’acronimo che ho coniato per valutare e descrivere il processo:

APPREZZAMENTO: l’utente apprezza quando gli abbiamo dato veramente qualcosa, una nozione curiosa, un trucco che risolve qualcosa, una info utile, una possibilità e ovviamente la cosa funziona solo se le questioni affrontate sono VERE.

GRADIMENTO: l’utente mette alla prova quanto appreso: si rivende la nozione curiosa, utilizza il trucco per risolvere la questione, cresce grazie alla info utile, la possibilità offerta soddisfa le sue aspettative. 

APPAGAMENTO: l’utente si sente appagato grazie ai risvolti positivi. Questo sentimento gli permette di fare un piccolo spazio per noi nella sua vita.

FIDUCIA: l’utente ha iniziato a fidarsi di noi. 

Questo è un ciclo senza fine che ha una crescita esponenziale. Attenzione, è altrettanto facile cadere in disgrazia se… Guardiamoci negli occhi e diciamoci la verità: “Quanto converte il tuo e-mail marketing?”

Poco, o meno di quello che speravi?

Beh, strano, le statistiche dicono che per ogni dollaro speso in questa pratica, l’e-mail ne genera 42. Sempre le statistiche dicono che il mercato globale dell’e-mail marketing – nonostante sia una pratica non troppo recente ma molto utilizzata – valeva nel 2020 7,5 Miliardi di Dollari e si prevede che nel 2027 arriverà a toccare i 18 Miliardi, ricerca di Megamarketing. Wow, mica male per uno strumento vecchiotto. 

Mi piace sempre mettere in dubbio e verificare ogni cosa, fa parte del mio mestiere.

Paragonando i dati delle statistiche appena riportate, trovo riscontro positivo in una ricerca effettuata da Casaleggio Associati, nella quale viene evidenziato un parametro quasi premonitorio: il principale strumento di contatto e fidelizzazione dei clienti B2B è l’e-mail marketing, al primo posto con il suo bel 89%. Al secondo troviamo telefono e Agenti con il loro 41 %, 37% per promo e sconti eccetera. Altra indagine di Litmus (2020), condivisa da Shopify, dichiara che per ogni dollaro speso se ne ricavano 36. 

Direi che è chiaro, l’e-mail marketing è un metodo che “funziona”. 

Quello che le ricerche non dicono (ovviamente).

Anzitutto, questi dati “positivi” non riguardano tutte le aziende, anzi, la maggior parte di esse fatica a trovare riscontri favorevoli e in secondo luogo, non vengono approfonditi i dati in negativo.

Oggi accontenterò gli appassionati di automobili e di pesca sportiva 🙂 .

Non è come acquistare un auto, metterla in moto e partire a tutto gas. 

Quello che si è acquistato è più un progetto ingegneristico, sapendo a che velocità vogliamo arrivare, abbiamo calcolato quanto deve essere alta la nostra automobile, che motore deve avere, il telaio, che forme deve avere la carrozzeria per aiutarci nell’aerodinamica ecc. ecc.

In realtà questo esempio tocca un po tutti gli aspetti della nostra comunicazione, anche quella sui Social Media, Sito web ecc. 

Quando, di sicuro, la tua e-mail marketing non va alla velocità che desideri?

Quando sei stato in concessionaria, hai acquistato l’auto senza consultarti prima con il tuo ingegnere di fiducia. In pratica, hai stanziato i fondi necessari per un abbonamento ad un qualunque provider di e-mail marketing, Sendinblue, Mailchimp, GetResponse e ti sei limitato nel copiare processi vissuti in altri ambiti: popup che regalano il 10% di sconto se l’utente si iscrive subito alla newsletter per reclamare nuovi iscritti, una bella newsletter promozionale, un’altra informativa e via dicendo. 

Tutto qui?

No davvero, tutto qui?

Io cerco di mettermi al posto dei miei lettori, costantemente. L’unico dramma da evitare assolutamente: ignorare o peggio, non gradire i miei messaggi. Mi spiego, è facile lavorare sul 3% di ROI o CTR, il famoso dollaro speso che ne fa ritornare circa 30. Siamo aiutati dalla legge dei grandi numeri, 3 persone su cento acquistano dopo aver aperto la nostra mail. Fantastico. Questo significa che per raggiungere cifre ragionevoli dobbiamo avere almeno un migliaio di destinatari. Quindi iniziamo a lavorare sulla quantità dando minor peso alla qualità.

Nella maggior parte dei casi non si conosce la propria clientela. Non si hanno feedback costanti e di conseguenza non si riesce a lavorare per fare meglio. Peggio, non si è profilata la nostra buyer persona (cliente target) in maniera sistematica.

Esempione (reale, non farò nomi)

Sono un ipotetico titolare di una rivendita di un negozio che tratta articoli per la pesca sportiva. Fortunatamente faccio parte della nicchia di negozi che si è evoluta, ho il mio sito web, il mio e-commerce, il canale YouTube e Social vari. 

Parte del mio budget è stato investito nell’e-mail marketing. Fra i vari “trucchetti do ut des” c’è il famoso popup sconto per iscrizione. 

PERFETTO

Mettiamo che sei un potenziale cliente (Guest), quindi entri nel sito perché stai cercando un nuovo artificiale (esca non alimentare, il prezzo di questo tipo di articoli è medio-basso e ce ne sono un infinità sparsi in tutto il globo), appena entri, tempo 15 secondi ti appare il mio popup. Nel migliore dei casi ti senti paziente, decidi di proseguire la navigazione, trovi l’artificiale desiderato, ma non lo acquisti perché prima ti sono girati i cosiddetti e vuoi verificare il prezzo altrove. Ti ho indotto io tranquillo, non sentirti in colpa, appena entrato ti ho subito fatto capire la mia Unique Value Proposition: IL PREZZO.

Nel super migliore dei casi ti iscrivi alla newsletter per comprare l’artificiale ad un prezzo inferiore del 10% e raggiunto quello che è il tuo obiettivo, sii onesto con me, quante possibilità ci sono che rimarrai iscritto alla mia newsletter? Quante possibilità ci sono che aprirai le mie mail? 

Sincero.

Io, povero negoziante, ho “semplicemente” venduto perdendo un 10% su quell’articolo – occhio il 10% su mille articoli è tanta roba – con un altro iscritto non attivo che prende parte al mucchio dei non attivi e fra qualche anno penserò seriamente che non è valsa la pena. 

Nella peggiore delle ipotesi (ciò che realmente è accaduto ieri)

Cercavo in rete un nuovo artificiale per la pesca all’Esocide più bello del mondo, il Luccio Italiano. Sono incappato in questo sito e me ne sono andato non appena mi è comparso il popup. Poi ci ho ripensato e sono rientrato. Mi sono iscritto alla newsletter, ho acquistato l’artificiale. Poco dopo l’e-mail di benvenuto (quasi sempre gradita), me ne arriva un altra contenente altre offerte. La stessa musica.

Ho annullato l’iscrizione, so che quando mi servirà qualche altro articolo valuterò il suo e-commerce, rifarò l’iscrizione per ottenere ciò che mi offre in quel momento e me ne andrò subito dopo se le cose non sono cambiate.

La dico a modi Guru, uno in più o in meno non farà differenza:

Questo non è e-mail marketing.

Questo non è Marketing.

Tu, con estrema sincerità, cosa faresti?

L’utente VUOLE poter apprezzare – “AGAF”.

Apprezzamento = soddisfazione = Fiducia ben riposta. Ovviamente è un attimo a perderla. 

Il prossimo articolo: “Sito web, bello mi piace!”

Buon Marketing