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Autore: VStrategy

A quando risale il vostro ultimo backup?

Il 31 marzo, oltre a essere Pasqua, è anche il World Backup Day.
E quale miglior occasione di questa per ricordare a tutti l’importanza di effettuare il backup dei dati?

Ma vediamo in cosa consiste e perché è così importante effettuarlo con regolarità.

Data backup: cos’è e a cosa serve

Il backup consiste nella creazione e archiviazione di copie di dati digitali con lo scopo di preservarli in caso di perdita, danneggiamento o eliminazione accidentale.
Questi dati possono riguardare informazioni sensibili, commerciali, file, domini, credenziali, database e tutto ciò che ha a che vedere con la vostra operatività aziendale.

Si tratta di un’operazione decisiva che, se eseguita nella maniera corretta e con regolarità, permette il rapido recupero dei dati persi o danneggiati limitando ulteriormente i danni.

Violazioni e attacchi informatici sono infatti un trend allarmante e in costante aumento.
E a confermare questa tendenza, ci ha pensato bene il rapporto Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica) 2024 sottolineando come, nel solo anno precedente, gli attacchi informatici in Italia siano cresciuti del ben +65%!

Backup periodico: perché farlo

Oltre a proteggere i vostri dati dal rischio di hackeraggio, errori umani o disastri accidentali, effettuare il backup dei vostri dati in maniera ricorrente:

  • Salvaguarda l’integrità della vostra azienda: il furto o cancellazione di dati sensibili di clienti e dipendenti può esporre la vostra azienda a un danno reputazionale e di immagine non indifferente!
  • Assicura continuità operativa: pensate a tutti i danni collaterali derivanti da una perdita dei vostri dati aziendali.
    Avere a disposizione copie di backup consente di tornare a svolgere le proprie mansioni e attività aziendali nel minor tempo possibile, riducendo al minimo il downtime.
  • Garantisce il rispetto della conformità normativa: al discorso in merito ai danni reputazionali si lega quello sulla conformità normativa: a oggi, la salvaguardia del diritto alla privacy è imprescindibile, così come testimoniano le normative in materia protezione dati personali assai stringenti e severe.

Per questo, effettuare il backup periodico dei dati diviene fondamentale onde evitare di incappare in pesanti sanzioni legali.

Quale backup effettuare?

Esistono diverse tipologie e soluzioni di backup, più o meno complesse, con cui proteggere integrità e sicurezza dei vostri dati aziendali.

Vediamo le principali.

Backup completo

Come suggerisce il nome, questa tipologia di backup prevede il salvataggio completo del vostro asset di dati ma, proprio per questo, richiede maggior spazio e tempo di archiviazione.
È un backup totale e sicuro ma, specie quando la mole di dati è ingente, il recupero della copia dati può richiedere molto tempo.

Backup incrementale

È la tipologia di backup che salva le sole modifiche apportate alla copia dati dall’ultimo backup, indipendentemente dalla tipologia. Effettuare un backup incrementale è rapido e richiede in genere poco spazio di archiviazione rispetto a quello completo, ma il recupero dei dati è complesso e può richiedere del tempo. Per recuperare tutti i dati è necessario infatti ripristinare il backup completo seguito da tutti i backup incrementali successivi.

Backup differenziale

Il backup differenziale salva solo le modifiche ai dati dalla data dell’ultimo backup completo, ponendosi a metà tra quello completo e quello incrementale: il suo riprestino è più veloce di un backup incrementale ma, al tempo stesso, richiede più spazio di archiviazione (anche se non ai livelli di uno completo).

Ovviamente non esiste una tipologia di backup migliore dell’altra perciò il nostro consiglio è: sperimentate e trovate la combinazione che più si conforma alle vostre esigenze.

Qualche dritta utile

Bene, dopo questa carrellata, per quanto breve, sulle principali tipologie di backup, eccovi tre best practice da integrare all’interno delle vostre procedure di backup aziendali:

  • Sfruttate la regola del 3, 2, 1: effettuate 3 copie dei vostri dati aziendali (1 originale + 2 di backup); memorizzatele su 2 tipologie di supporti diversi (ad esempio una copia dati su disco rigido esterno e l’altra su cloud); infine, conservate 1 copia di backup in un luogo diverso, generalmente off-site.
  • Verificate che il recupero dei vostri dati non riservi sorprese: affinché possiate recuperare i vostri dati nella maniera più efficace possibile, verificate periodicamente che i dati che avete conservato possano essere ripristinati con successo in caso di emergenza o qualora ne aveste bisogno.
  • Crittografate i dati di backup: ricorrere alla crittografia, vi aiuterà a proteggere ulteriormente i vostri dati da accessi insoliti e non autorizzati.

Ebbene, il backup è uno strumento essenziale per preservare la sicurezza dei vostri dati, la vostra reputazione aziendale e garantire continuità operativa nel rispetto delle normative in materia protezione dati personali.

Avete curiosità o dubbi a riguardo? Non esitate a contattarci 😉

Perché fare storytelling nel 2024

Esperimenti psico-narrativi, attrici greche, un rinoceronte magico (?), giganti della pubblicità e piccole aziende che sbaragliano la concorrenza con budget ridotti: come e perché si può fare storytelling adesso. Senza essere noiosi.

Ti capita mai di fare fatica a ricordare fatti insignificanti? Fatti così piccoli e irrilevanti per il corso naturale della tua vita che ti chiedi come hai fatto a impararli la prima volta? Eppure la tua incapacità di ricordarli ti fa infuriare. Chi era l’attore di quel film greco, sai quello con Melina Mercouri, degli anni Sessanta? Come si chiama il bastone che portano i folletti? E la ragazza di tuo cugino? […]

Le risposte a tutte queste domande e ad altre ancora troveranno risposta quando entrerai in orgoglioso possesso di Rhinoceros Knows. Ogni volta che ti senti perplesso, strofina semplicemente il suo naso (noto anche come “corno”). Sentirai una scossa di energia nei tuoi neuroni, le tue sinapsi diventeranno più appiccicose, il tuo lobo frontale pulserà piacevolmente e gli occhi del rinoceronte luccicheranno, in modo così sottile.

E poi, tra non più di cinque minuti, arriveranno le risposte: Fedra non è un film greco, ma un film americano ambientato in Grecia; l’attore è Tony Perkins. Shillelagh. Candace. […]

L’oggetto in questione è questa banalissima statuetta a forma di rinoceronte: uno delle cento carabattole protagoniste di Significant Object, un esperimento che è ancora oggi una pietra miliare nel campo dello storytelling, promosso da Rob Walker e Joshua Glenn nel luglio 2009. I due giornalisti americani affidarono a cento scrittori cento oggetti apparentemente insignificanti con una sola richiesta: scriverci un racconto. Ed ecco che, grazie alle storie poi inserite nella didascalia di Ebay, ciascun oggetto riuscì a raggiungere un valore almeno 37 volte superiore a quello di partenza. Con la sua storia (di cui avete letto solo l’attacco!) il rinoceronte passò addirittura da $1 a $57.

Ecco dimostrata l’esistenza di un capitale narrativo in grado di moltiplicare il valore di partenza di un oggetto, di un servizio, di un brand di ben 37 volte: lo storytelling.

Che cos’é lo storytelling

Il Cambridge Dictionary lo definisce generalmente come «l’attività di scrivere, raccontare o leggere storie». Più precisamente nel marketing è definito come quell’arte «interattiva che utilizza parole e azioni per rivelare gli elementi e le immagini di una storia, incoraggiando al tempo stesso l’immaginazione dell’ascoltatore», come evidenzia il National Storytelling Network.

Salta subito all’occhio uno degli obiettivi principali dello storytelling, ovvero l’interazione con chi ascolta, con il proprio pubblico: un traguardo fondamentale per ogni azienda, che attraverso lo storytelling può raggiungere altri goal, altrettanto importanti. Scopriamoli assieme.

A cosa serve nel 2024 lo storytelling

Lo storytelling è tutt’ora una delle tecniche più funzionali nel marketing e le aziende vi ricorrono giornalmente. Se ti stai domandando perché, abbiamo individuato qui le tre motivazioni più importanti.

1. Crea relazione con i propri clienti

Raccontarsi significa relazionarsi con il proprio gruppo di riferimento, con il proprio target. Le storie che funzionano hanno come protagonista più il cliente che la propria azienda e riescono a toccare la vita di chi le legge. Come? Beh, semplicemente aiutando le persone a sorridere, a immedesimarsi o a compiere qualche azione in particolare. Grandi esempi in questo senso ci arrivano dai video sulle norme di sicurezza aerea: l’ultimo è quello di Ita Airways che alla classica narrazione fredda e impersonale delle hostess sovrappone un video divertente, puntando tutto su uno dei più grandi deboli dei suoi italiani: lo sport!

Link al video

2. Genera identità

Una storia dà forma a un qualcosa che deve essere riconosciuto come vero sia da chi lo scrive che da chi lo fruisce. Una storia genuina mostra le cose senza dirle e genera senso identitario, sia all’interno dell’azienda che all’esterno, tra il suo target. In questo senso esemplari sono gli spot di Ikea. Ne conoscerai già diversi, ma che ne dici di guardare uno degli ultimi usciti? Parole d’ordine: inclusività, personalizzazione, empatia.

Link al video

3. Aiuta a posizionarsi

Come ci dimostra Significant Object con la narrazione si guadagna. Ma non solo, la giusta storia fa toccare con mano il valore del proprio brand e dei propri prodotti, aiuta a creare un proprio mercato e una cerchia di acquirenti sempre più fidelizzati. Di conseguenza, aiuta anche a prevedere gli andamenti di mercato e tarare il tiro al momento giusto.

Storytelling per piccole e medie aziende

Tutti d’accordo con gli esempi sopra citati, ma come occuparsi di storytelling senza i budget di aziende come Ita Airways o Ikea? Abbiamo una buona notizia: in questo ambito un budget inferiore non rappresenta automaticamente una condizione sfavorevole, perché ciò che conta è la cura nel trovare la propria storia e nel riproporla in modo costante e deciso. Perché di fatto quella storia dovrà diventare la spina dorsale di tutta la tua programmazione content.
Qualche esempio di azienda che c’è riuscita? Te lo diamo subito!

CRAK Brewery

Tre amici trasformano la loro passione per la birra in un birrificio artigianale d’eccellenza e completamente indipendente. Dal Tone of Voice energico e ribelle, CRAK ha inaugurato una vera e propria rivoluzione nel settore, allontanandosi dall’anonimato della birra da supermercato e alzando le mani verso creatività e freschezza.

Lazzari store

Da un piccolo laboratorio anni ’80, nascosto dietro un cinema in provincia di Vicenza, una piccola azienda di famiglia crea il proprio brand di abbigliamento puntando sul tempo. Esatto, perché per Lazzari store un capo deve durare. Il risultato è uno stile classico con tocchi di sorpresa inserito in una storia che, con un taglio etico e ispirazionale, porta il made in Italy in tutto il mondo.

Hai bisogno di trovare la tua storia? Contattaci, ti guideremo noi!

Lead nurturing B2B: 4 best practice + 1 per relazioni di valore

La maggior parte delle aziende sembra concentrare i propri sforzi di marketing quasi esclusivamente nel suscitare l’interesse dei propri lead.
Ma una volta catturata la loro attenzione cosa succede poi?

In questo articolo vedremo insieme quali sono le potenzialità del lead nurturing e perché è così importante per coltivare e mantenere relazioni proficue con prospect e clienti.

Lead nurturing: che cos’è?

Nel marketing, il lead nurturing – letteralmente “nutrimento dei contatti” – non è altro che il processo continuo che permette all’azienda di instaurare legami solidi e duraturi con i suoi interlocutori attuali e potenziali, grazie a contenuti proposti sulla base dei loro interessi specifici.

Ma qual è la sua potenzialità?
Educare prospect e clienti così da canalizzarli lungo il funnel di vendita e spingerli alla conversione (e alla fidelizzazione).

Vi ricordate il vecchio caro funnel di marketing?

Se la risposta è no, non preoccupatevi, facciamo un breve recap.

Sales funnel

Il funnel di vendita si compone generalmente di tre fasi:

  • consapevolezza o awareness;
  • considerazione o consideration;
  • decisione o decision.

Ecco, fare lead nurturing consiste esattamente in questo: condurre i vostri lead lungo il percorso di acquisto che va dalla fase iniziale di acquisizione a quella finale di conversione, in cui i prospect si trasformano in veri e propri clienti.

Mentre la strategia di lead generation agisce sulla primissima fase del funnel (quella di consapevolezza, nel tentativo di attirare l’interesse di quanti più contatti qualificati), il lead nurturing si concentra invece sulla fase intermedia dell’imbuto, quello di considerazione.

In questa fase, i potenziali clienti che hanno già dimostrato un interesse iniziale verso la vostra azienda si spingono oltre nel tentativo di scoprire cosa potete offrire loro.

Ed è proprio qui che dovete incentrare i vostri sforzi di marketing se volete arrivare lontano e aumentare le probabilità di conversione.

Ricordate che i vostri contatti e clienti non sono tutti uguali

A seconda della fase del funnel in cui si trovano saranno infatti più o meno propensi all’acquisto, soprattutto se parliamo di contesti B2B in cui gli acquisti sono solitamente cospicui, richiedono il parere di altri buyer o stakeholder e sono mossi da processi più razionali che nel B2C.

Prima di tentare un approccio di vendita con un contatto acquisito, è bene assicurarsi che il vostro contatto sia ben caldo (è l’esempio dell’utente che scarica un’infografica dal vostro sito).
Se così non fosse, un approccio troppo diretto del team sales potrebbe farlo scappare via.

Un prospect che ha visitato le pagine del vostro e-commerce o ha scaricato il vostro catalogo prodotti è un buon esempio di lead “caldo”: in entrambi i casi, il contatto è più propenso a effettuare la conversione e perciò ad acquistare.

Lead nurturing B2B per aumentare le probabilità di conversione

Come aumentare dunque le probabilità di convertire lead e prospect qualificati in clienti in carne e ossa?

Offrendo  contenuti educativo-informativi, personalizzati e rilevanti, che aiutino i vostri potenziali clienti a comprendere meglio il valore dei vostri prodotti e servizi.
Ogni contenuto che promuove informazioni utili è essenziale per coltivare relazioni e mantenere nel tempo contatti di valore.

Perché dovreste mettere a punto una strategia di lead nurturing?

Perché, specie nel B2B, fare la differenza emergendo dal mare magnum di aziende è possibile solo grazie a una loyalty forte e in grado di apportare benefici e un vantaggio competitivo notevole rispetto alla concorrenza.

Lead nurturing B2B: 4 best practice + 1 da sfruttare per la vostra azienda

Innanzitutto: la pazienza è tutto.
Ebbene sì, il 30-50% all’incirca dei lead qualificati nel B2B non è pronto a effettuare l’acquisto nel momento in cui viene a conoscenza o si informa sulla vostra azienda.

Ma quali solo le accortezze da tenere a mente per la vostra strategia aziendale di lead nurturing?

1. I dati contano

Ciascun touchpoint con i vostri potenziali clienti rappresenta un’opportunità in più per conoscere meglio e più da vicino i vostri lead e assicurare loro un’esperienza iper-personalizzata, così da aumentare le probabilità che i vostri clienti rispondano alla vostra offerta di valore.

Una soluzione per ottenere dati direttamente dai vostri lead può essere quella di proporre loro dei sondaggi via e-mail.

Avete mai sentito parlare di data enrichment?
Si tratta di una soluzione per arricchire i dati già in vostro possesso attraverso domande a risposta multipla. In questo modo, darete ai vostri prospect e clienti un’esperienza più che personalizzata, otterrete maggiori informazioni su di loro perfezionando così il tiro della vostra comunicazione.

2. Sperimentate diverse tipologie di contenuti e canali

Webinar, blog, e-book, newsletter: non avete che l’imbarazzo della scelta per iniziare a coltivare relazioni di valore con i vostri clienti attuali e potenziali.

Ricordate: una strategia di lead nurturing che si rispetti deve prendere in considerazione diverse tipologie di canali e risorse, così da offrire un ampio spettro di contenuti da alternare a seconda delle preferenze del vostro pubblico aziendale.

3. Non smettete mai di nutrire

Come dicevamo, specie nel B2B, il processo di lead nurturing può essere parecchio lungo, perciò, non scoraggiatevi se nei primi mesi gli unici contatti che riceverete non porteranno a una vera e propria conversione.
Non si tratta di contatti persi o non interessati, al contrario! Continuare a coltivare relazioni esclusive con contenuti e offerte personalizzati vi permetterà di gestire al meglio il vostro database di contatti e tentare un approccio alla vendita nel momento in cui il vostro lead risulterà più propenso all’acquisto.

4. Monitorate e ascoltate sempre i vostri clienti

Tenete traccia del coinvolgimento e di tutte le metriche necessarie a monitorare l’andamento del vostro processo di lead nurturing (click sul link, open rate, compilazione dei form contatto ecc.).

5. Allineate il vostro reparto vendite

Quanto conta l’allineamento tra marketing&sales? Più o meno tutto.
Fondamentale, affinché la vostra strategia di lead nurturing dia i suoi frutti, è assicurarsi che la palla di gioco venga passata e colta al volo dal team sales. Onde evitare di vanificare tutti gli sforzi di marketing è necessario, infatti, che fra i due team ci sia continuità e coerenza (se volete approfondire l’argomento, date un’occhiata al nostro articolo sullo smarketing 😉).

Bene, se siete arrivati fin qui significa che intendete fare sul serio.

Perciò, se avete bisogno di affinare il vostro marketing grazie a una strategia di lead nurturing B2B che tenga fede ai vostri obiettivi di business, contattateci!
Saremo più che felici di aiutarvi.

Tattiche di e-mail marketing B2B

Volete raggiungere risultati efficaci in termini di loyalty e conversioni massimizzando il rendimento delle vostre campagne e-mail?
In questo articolo vedremo insieme tre tattiche con cui ottimizzare le vostre campagne aziendali di e-mail marketing B2B.

E-mail Marketing B2B: qualche dato

Le e-mail rappresentano ancora oggi la forma di content marketing più performante.
Dopo le piattaforme social, quello della posta elettronica rimane di fatto il canale più affidabile utilizzato dai marketer B2B (87%) in ottica di comunicazione aziendale, nonostante il proliferare di nuovi canali e piattaforme.


Fonte Immagine: Content Marketing Institute.

E a confermare la sua importanza per il marketing B2B, ci pensa l’ultimo report di MailUp.

L’e-mail marketing costituisce infatti una delle attività più efficaci per aumentare ROI e conversioni: le e-mail B2B complessive (tra newsletter, DEM e transazionali) inviate dalle aziende italiane nel 2023 sono state ben 1,2 miliardi, registrando un aumento del tasso di click-to-open (CTOR) dello 0,18% rispetto all’anno precedente.

Benefici dell’e-mail marketing B2B

Ma quali sono i vantaggi di una strategia di e-mail marketing ben pianificata?

Fidelizzazione

Avere un piano newsletter chiaro tarato sui vostri obiettivi aziendali vi consente di costruire e coltivare nel tempo relazioni solide con i vostri clienti, generando fiducia e fedeltà.

Aumento delle conversioni

Click su link, richiesta di preventivo o acquisto: le e-mail sono un ottimo driver per portare i vostri clienti a compiere azioni di conversione.

Posizionamento

Campagne di e-mail marketing efficaci possono permettere alla vostra azienda di godere di un posizionamento privilegiato nella mente dei vostri clienti e fornitori.

Vendite, fatturato e ROI

Newsletter personalizzate possono permettervi di spingere le vendite, aumentando il fatturato; inoltre, il costo relativo all’e-mail marketing è davvero ridotto, se comparato ad altre attività di digital o direct marketing, consentendo un cospicuo ritorno sull’investimento.

Un esempio pratico?
Segmentare [bene] le vostre mailing list può avere la stessa efficacia di una campagna di retargeting, aiutandovi a coinvolgere gli utenti già acquisiti con la differenza di non spendere nemmeno un centesimo in piattaforme di digital advertising.

Ok, fin qui siamo tutti d’accordo: l’e-mail marketing per il B2B [se fatto bene] garantisce ampi benefici in termini di conversioni, fidelizzazione e ROI.

Ma quali sono le tecniche di e-mail marketing B2B per incrementare l’efficacia delle vostre campagne?

E-mail marketing B2B: tre tattiche con cui ottimizzare le vostre campagne

Conoscere gli obiettivi di marketing che si vogliono raggiungere è il primissimo passo per strutturare una strategia di e-mail marketing vincente (se volete scoprire come rendere efficaci le vostre newsletter aziendali, sapete a chi chiedere 😉).

Quali sono dunque le tattiche da utilizzare per ottimizzare la vostra strategia di e-mail marketing?

1. Segmentate le vostre liste contatto

Avendo a che fare con un elevato numero di lead e clienti, imprescindibile per chi opera nel B2B è segmentare il grande calderone di aziende creando liste ridotte e specifiche di contatti.

Per farlo, potete servirvi di alcuni criteri quali:

  • settore commerciale di appartenenza;
  • dimensione aziendale: aziende piccole, medie o grandi possiedono infatti necessità e requisiti di budget differenti per l’acquisto;
  • ruolo o posizione lavorativa: dirigenti, responsabili IT, HR ecc., ogni posizione possiede esigenze specifiche;
  • fase del funnel: a seconda della fase del processo di acquisto in cui buyer o decision maker si trovano, saranno più propensi a un certo tipo di messaggio piuttosto che un altro;
  • azioni passate: può essere utile creare, grazie agli analytic, dei segmenti precisi in base alle azioni effettuate (visita a determinate pagine del sito, acquisto su e-commerce, download di risorse gratuite ecc.)
  • prodotti e servizi: ovvero suddividere i contatti in base all’interesse dimostrato verso specifiche categorie di prodotti o servizi, aumentando così precisione ed efficacia delle vostre newsletter;
  • lead score: utile per la segmentazione delle vostre liste contatto è attribuire a ciascun cliente o lead un punteggio specifico in base all’interesse dimostrato verso la vostra azienda.

Ricordate di aggiornare le vostre mailing list dal momento che interessi ed esigenze dei singoli segmenti possono variare nel tempo.

2. Personalizzate i messaggi in relazione ai diversi target

Dopo aver ricavato le vostre mailing list, personalizzate le vostre e-mail per questo o quello specifico segmento, così da offrire ai vostri lettori contenuti rilevanti. Centrate l’obiettivo rispondendo alle esigenze specifiche della vostra lista target.

Condividete aggiornamenti o approfondimenti personalizzati di settore, inviti a eventi, promozioni o feedback specifici che incentivano le conversioni e spingono gli iscritti alla fidelizzazione.

Dagli oggetti alle Call-to-Action, non lasciate nulla al caso: personalizzare ciascun elemento delle vostre newsletter vi permetterà di aumentare open e conversion rate coltivando relazioni di valore con i vostri clienti.

3. Trovate una frequenza di invio bilanciata

Mantenete una frequenza di invio equilibrata e optate per orari in cui i vostri contatti sono maggiormente attivi: vi permetterà di non risultare invasivi, aumentando le probabilità che il vostro messaggio venga ricevuto e aperto dai rispettivi destinatari.

Ogni quanto inviate le vostre newsletter? Ne inviate una al mese o più di due alla settimana?

I dati italiani suggeriscono di non inviare più di una newsletter a settimana.
Secondo il report di GetResponse, una newsletter a settimana assicura infatti un tasso di apertura del 42.20% e oltre il 9% di click.

Ovviamente si tratta di dati statistici e che per questo non vanno presi per oro colato: trovare la frequenza di invio idonea a massimizzare il rendimento delle vostre campagne è possibile solo attraverso il monitoraggio delle performance unito a un processo di testing costante.

In conclusione, includere all’interno della vostra strategia una sequenza di e-mail marketing ottimizzata può permettervi di aumentare le probabilità di conversione, massimizzando risultati e ritorno sull’investimento.

LinkedIn per il marketing B2B

Se la vostra azienda opera nel B2B e siete ancora alla ricerca del giusto canale social che vi permetta di raggiungere il vostro target ideale, eccovi 7 buone pratiche con cui dare uno slancio alla vostra comunicazione aziendale su LinkedIn.

LinkedIn: il social business per eccellenza

Ma perché proprio LinkedIn (starà forse chiedendosi qualcuno)?

Con i suoi 875 milioni di iscritti nel mondo, di cui 58 aziende (fonte dati: LinkedIn stesso), la piattaforma si è conquistata nel tempo il primato di social business per eccellenza: numeri da capogiro e in continuo aggiornamento rendono LinkedIn la piattaforma perfetta per aumentare visibilità, engagement e partnership commerciali, soprattutto nel settore business-to-business.

Ma come fare la differenza in un ambiente digitale così densamente popolato da aziende?

Dando alla propria target audience contenuti mirati e autentici in grado di creare valore, offrendo soluzioni valide o chiarire dubbi su un determinato topic, prodotto o servizio.

LinkedIn per la lead generation

Ma la supremazia di questo strumento non si esaurisce mica qui: sì, perché ben l’80% dei lead generati dai social media deriverebbe proprio da LinkedIn.

Rispetto ad altre piattaforme social, come Facebook e X, LinkedIn ha infatti un’efficacia del 277% nella generazione di contatti in target (fonte: Hubspot).

In questo senso, il potenziale offerto della piattaforma è uno dei motivi principali che dovrebbe spingere le aziende B2B a investire oggi maggiori risorse e incentrare i propri sforzi di marketing proprio su questo social.

Vediamo dunque alcuni accorgimenti e best practice che dovreste tenere a mente per il suo utilizzo ottimale.

LinkedIn B2B: 7 tattiche per aumentare l’efficacia della vostra comunicazione aziendale

Ecco 7 consigli pratici per utilizzare [bene] LinkedIn all’interno della vostra strategia social aziendale:

1. Ottimizzate il vostro profilo

Il vostro profilo è la vetrina digitale della vostra azienda: dai recapiti aziendali all’immagine profilo e di copertina, assicuratevi che tutte le informazioni siano corrette e perfettamente in linea con la vostra identità aziendale.
Un profilo ben curato e aggiornato in tutti i suoi campi non solo catturerà l’attenzione, ma trasmetterà ai potenziali partner fiducia e professionalità.

2. Create collegamenti di valore

Non cadete nella trappola dei collegamenti senza scopo, ma fate sì che il vostro messaggio arrivi dritto alle orecchie del vostro target di riferimento.

Focalizzatevi perciò sulla qualità delle vostre relazioni commerciali: cercate potenziali partner, clienti chiave e professionisti realmente interessati ai contenuti (e naturalmente anche ai prodotti e servizi) che offrite.

Avere chiaro qual è il vostro target, vi permetterà di dare vita a contenuti business che aumenteranno l’efficacia della vostra comunicazione.

3. Generate contenuti business autorevoli per il vostro settore

LinkedIn è un canale dove la brand authority conta moltissimo.
Centrale sarà investire nella creazione di contenuti ad hoc che dimostrino una conoscenza approfondita del campo nel quale operate, comunicando in maniera chiara valori ed elementi differenzianti della vostra azienda.

Offrite articoli, post e video informativo-educativi in grado di fornire soluzioni, approfondimenti e tendenze utili e capaci di attirare l’attenzione di professionisti e aziende B2B della vostra rete.

4. Date spazio alla creatività

Dai post carosello ai video, passando per i sondaggi e i link in anteprima: non limitatevi a creare le stesse tipologie di post, ma sperimentate i contenuti in tutte le loro forme.

Ricordate tone of voice, incisività e personalità nello stile comunicativo: una comunicazione persuasiva e accattivante è ciò che renderà la vostra presenza autentica e riconoscibile all’interno della piattaforma.

5. Partecipate a gruppi e conversazioni di settore

Unitevi ai gruppi di settore e partecipate attivamente alle discussioni sotto articoli e post: questi spazi digitali sono arene virtuali ideali per condividere idee, apprendere dalle esperienze altrui e stabilire partnership significative.

Partecipare a scambi e interazioni inerenti tematiche di settore contribuirà a rafforzare la vostra presenza, facendo spiccare la voce della vostra azienda.

6. Utilizzate lo strumento @tag

Uno degli strumenti messi a disposizione dalla piattaforma, ma di cui molte aziende sottovalutano l’importanza.
Utilizzatelo per taggare e includere i partner commerciali con cui collaborate all’interno dei vostri aggiornamenti: così facendo, avrete l’occasione di generare discussioni su topic di settore, aumentando autorità e reach organica.

7. Non dimenticatevi le LinkedIn Ads

Come visto, LinkedIn è un’ottima fonte di lead qualificati.
Per questo, sfruttare la visibilità a pagamento della piattaforma può essere una valida opportunità per raggiungere in modo ancor più mirato il vostro target di partner e fornitori.

Ottimizzate le vostre campagne LinkedIn selezionando settori, posizioni aziendali e altri criteri per presentare i vostri prodotti e servizi alle giuste aziende.
Le sponsorizzate, anche su LinkedIn, sono il mezzo perfetto per trasformare potenziali lead in clienti in carne e ossa.

Essere presenti su LinkedIn e dar vita ad una comunicazione aziendale che permetta di raggiungere i vostri obiettivi richiede padronanza della piattaforma e una strategia di comunicazione ben strutturata (se avete ancora dubbi o volete iniziare a muovere i primi passi sulla piattaforma ma non sapete da dove iniziare, affidatevi a dei professionisti 😉).

Nel panorama business-to-business, LinkedIn non è solo un social network professionale, ma una leva potentissima che può condurre la vostra azienda al successo 🚀

USP e UVP: qual è la differenza?

Cosa distingue la vostra azienda da una competitor? E cosa la rende unica?

Due concetti che sono anche elementi di marketing distintivi spesso confusi tra loro: la Unique Selling Proposition assieme alla Unique Value Proposition giocano un ruolo decisivo per il posizionamento e la riconoscibilità di un brand.

Entrambe devono essere definite in modo chiaro e inserite all’interno della vostra strategia di marketing e comunicazione.

Ma capiamo perché.

Unique Selling Proposition: partiamo dalla definizione


Fonte immagine

La USP – o proposta unica di vendita – consiste in quell’elemento differenziante e caratteristico che rende unici i vostri prodotti.
È Il tocco magico che definisce la loro l’inimitabilità.

Individuarla è semplice: basterà rispondere alla domanda “Perché i miei clienti dovrebbero scegliere il mio prodotto anziché quello della concorrenza?”.

Facciamo un esempio pratico.

Facciamo finta che la vostra azienda produca scarpe sportive: la vostra USP qui potrebbe essere data dal brevetto di una particolare tecnologia di ammortizzazione della suola o dal design ergonomico specifico pensato proprio per il benessere degli atleti.
Insomma, benefici che solo le vostre scarpe sono in grado di garantire.

Unique Selling Proposition: perché è importante

È davvero vitale definire la propria USP?
La risposta è sì.

Avere chiara la vostra proposta unica di vendita vi permetterà infatti di:

  • Godere di un buon posizionamento di mercato: una unique selling proposition particolarmente forte genera un’impressione più duratura nella mente dei consumatori. Quando l’elemento distintivo è comunicato dall’azienda in maniera chiara favorisce memorabilità e perciò i consumatori saranno più propensi a ricordare il vostro brand durante la ricerca di uno specifico prodotto.
  • Ridurre la sensibilità al prezzo: se l’elemento differenziante del prodotto è percepito forte e chiaro dai consumatori, essi saranno disposti a pagare un prezzo più alto rispetto alla concorrenza.
  • Orientare le scelte di acquisto: una USP ben definita semplifica il processo decisionale dei vostri clienti in quanto i consumatori avranno chiaro nell’immediato cosa rende speciale il vostro prodotto tanto da preferirlo a quello dei competitor.

Ma passiamo ora alla proposta unica di valore e a come questa si differenzia dalla USP.

Definire l’unicità di brand con la UVP

Fonte immagine: Pinterest

Partiamo dalla sua traduzione.

Dall’inglese Unique Value Proposition, l’acronimo UVP non indica altro che la proposta unica di valore, ossia la dichiarazione (o breve frase) che racchiude in sé i tratti unici ed esclusivi della vostra azienda.

La UVP si concentra sull’offerta di valore distintiva del brand che trascende le mere feature (o caratteristiche funzionali) dei suoi prodotti. Facendo leva sui valori del brand, essa tocca infatti delle corde decisamente più profonde, ossia quelle emozionali e percettive del consumatore.

La domanda alla quale risponde è “In che modo l’azienda contribuisce a migliorare la vita dei suoi clienti?”.

Proseguendo con l’esempio dell’azienda di scarpe fatto in precedenza, la UVP potrebbe essere data dall’esperienza unica, in termini di benefici o emozioni suscitate, che le scarpe sono in grado di offrire agli atleti e clienti che le utilizzano.

La UVP precede così la USP, ossia le specificità tecniche dei prodotti: l’impegno dell’azienda nel produrre scarpe di qualità con materiali riciclabili è il riflesso di uno dei suoi valori fondanti, ossia la sostenibilità ambientale. In questo senso, tutti i clienti che acquistano le sue scarpe condividono con lei tale ideale.

Ne è un esempio Patagonia.

L’azienda – produttrice di abbigliamento outdoor etico e sostenibile – è riuscita a costruire una base clienti solida e fedele allineando la sua proposta di valore (UVP) agli ideali del proprio target di riferimento e tenendo fede, in termini di produzione, alle proprie promesse fatte.

Scopo della proposta unica di valore è infatti permettere all’azienda di instaurare con i suoi consumatori un legame profondo tale da far percepire il valore aggiunto del vostro brand che va ben oltre la funzionalità dei suoi prodotti.

USP e UVP: alcuni vantaggi

Ecco alcuni dei benefici derivanti dalla corretta definizione di USP e UVP:

  • Differenziazione: la USP supporta l’unicità del vostro prodotto, attirando l’attenzione e favorendone il riconoscimento.
  • Ottimizzazione della strategia di marketing: USP e UVP sono essenziali per orientare le vostre attività di marketing attraverso una comunicazione coerente e mirata che permetta di raggiungere il giusto target di riferimento.
  • Connessione empatica con il target: la UVP, facendo leva sull’asset valoriale del brand, permette all’azienda di dar vita a un legame emotivo contribuendo a rendere unica l’esperienza del cliente.
  • Fiducia: entrambe promuovono l’acquisto ripetuto nel tempo e dunque la fidelizzazione.
  • Incremento delle vendite: l’elemento differenziante e la proposta di valore, se ben definite, fanno sì che il pubblico percepisca il prodotto come soluzione specifica ai suoi problemi e in grado di aggiungere valore alla sua esperienza determinando un aumento delle vendite.
  • Coerenza e riconoscibilità del marchio: USP e UVP contribuiscono a consolidare identità e posizionamento del brand nella mente dei suoi consumatori.

Se avete dubbi o siete alla ricerca di una strategia di marketing in grado di valorizzare al meglio la vostra proposta di valore, contattateci! Saremo più che felici di aiutarvi 😉

Marketing B2B per il Pharma: vantaggi e strategie

Le opportunità che riserva il digital marketing a aziende e operatori B2B del settore Pharma sono moltissime.

Abbiamo condensato tutte le più importante in un unico articolo.
Aggiungendo un bonus importante: l’attenzione alla strategia giusta.

C’è poco da fare, anche per un settore a crescita costante come quello healthcare, il digital marketing si rivela la chiave che apre le porte a nuove infinite possibilità di business.

E le stime di crescita parlano chiaro: il settore dovrebbe raggiungere, entro il 2025, un valore complessivo attorno ai 530 miliardi di dollari (fonte: responsify.com).

Partiamo dai vantaggi

Quali sono i benefit che dovrebbero spingere le aziende B2B del settore a investire in attività di marketing digitale?

  • Maggiore visibilità: una strategia digitale, concreta e su misura, permette di farvi conoscere a un numero sempre maggiore di operatori e stakeholder di settore.
  • Lead in target: campagne di lead generation ad hoc consentono di intercettare i giusti buyer, ottenendo contatti realmente interessati alla vostra offerta.
  • Maggiore engagement e brand authority: contenuti di nicchia permettono di aumentare autorevolezza, rafforzando la vostra leadership di mercato.
  • Massimizzazione ROI (e ROAS): attività di advertising e comunicazione mirate, perfettamente allineate ai vostri obiettivi di business, sono in grado di massimizzare il vostro ritorno sull’investimento (e sull’investimento pubblicitario).
  • Espansione: affermare la propria presenza nel digitale vuol dire darsi la possibilità di estendere l’orizzonte del proprio business e aprirsi a nuovi mercati.

Pillole di marketing per una strategia B2B vincente

Vediamo ora in breve quali sono alcuni degli strumenti e azioni di marketing specifiche (oltre che essenziali) per una buona strategia digitale.

Il potere dell’Affiliate Marketing

Il marketing affiliato – ovvero la collaborazione tra aziende B2B e partner affiliati che promuovono prodotti e servizi farmaceutici in cambio di commissioni sulle vendite – è un’attività che riserva non pochi benefit alle imprese che scelgono di integrarla all’interno della propria strategia come:

  • Generare lead: gli affiliati sono un ottimo tramite per portare all’azienda nuovi potenziali contatti interessati e in target.
  • Avere accesso a nuovi segmenti di mercato: le reti di partner aziendali possono aprire il varco alla conquista di nuovi segmenti target o di mercato.
  • Aumentare credibilità e affidabilità del marchio: collaborare con partner affermati può contribuire ad aumentare la vostra authority e visibilità all’interno del settore.

Ad esempio, se la vostra azienda ha in programma il lancio di un nuovo farmaco o dispositivo medico, collaborare con partner come dei blogger o degli influencer di settore affermati, e che godono online di una presenza ben consolidata, potrebbe essere una valida occasione per promuovere il vostro prodotto attraverso contenuti di qualità quali recensioni o articoli promozionali specifici e autorevoli.

Coinvolgere con l’Email Marketing

Forse uno degli strumenti di marketing (preferiti) più utilizzati dagli operatori B2B del settore medico-farmaceutico: l’email marketing è un ottimo strumento per generare coinvolgimento e fidelizzazione.

Vista la necessità di formazione e informazione all’interno del settore, diviene fondamentale per le aziende fornire materiali utili ed esaustivi.
Insomma, create newsletter utili ma anche (e soprattutto) belle e accattivanti.

Come?

  • Puntate al riconoscimento del vostro marchio attraverso template design attrattivi così da aumentare riconoscibilità e incoraggiare l’azione dell’utente.
  • Segmentate in maniera funzionale le vostre mailing list. Può sembrare banale, ma distinguere un contatto a caldo da un cliente interessato a una categoria di prodotto specifica è ciò che nel 90% dei casi fa la differenza rendendo efficace la vostra comunicazione.
  • Fate attenzione a quale dispositivo i vostri operatori e stakeholder utilizzano per aprire le email. Se lo fanno da mobile, ottimizzate i contenuti affinché il caricamento avvenga nel minor tempo possibile così da aumentare il tasso di apertura.
  • Ricordate che vi state rivolgendo a un target abbastanza specifico (e di nicchia) e per questo esigente. Ciò significa che il vostro pubblico ricerca contenuti esclusivi e di valore. Personalizzate al massimo le vostre newsletter, oggetto compreso!

Creare valore con i contenuti

Immaginate i vostri contenuti come il ponte che collega la vostra azienda alla fitta rete di buyer, imprese e professionisti che abitano la rete o, più nello specifico, i canali sui quali avete deciso di incentrare la vostra comunicazione.

Nel caso del settore Pharma, questa connessione riveste un ruolo chiave: contenuti di nicchia chiari, affidabili ed esclusivi vi permetteranno di generare fiducia e rendervi maggiormente autorevoli agli occhi del vostro target, dimostrando expertise e know-how.

Oltre a contenuti social, newsletter e articoli di blog, altri modi per generare valore potrebbero essere:

  • Guide dettagliate: brochure digitali e non, chiare e coincise, sulle normative specifiche di settore dove illustrare nuove procedure e ultime novità (ricerca e sviluppo di nuovi farmaci, dispositivi medici ecc.).
  • Webinar tecnici: incontri virtuali o in presenza con esperti di settore su argomenti tecnici come nuove metodologie di produzione o lo sviluppo di formulazioni avanzate.

Per le aziende del settore medico-farmaceutico investire sul proprio marketing può rappresentare oggi non solo un passo audace, ma la mossa vincente in grado di posizionare la propria azienda sui gradini più alti in termini di posizionamento, visibilità e brand awareness.

Volete accrescere il vostro business e attrarre lead qualificati con una strategia digitale omnicanale su misura per la vostra azienda?
Contattaci!

Cos’è Perplexity (E Google è morto?)

La scommessa di Aravind Srinivas, Founder e CEO di Perplexity, sta tutta in questo “elevator pitch” che ha tirato fuori dal cappello durante una recente intervista: “Se puoi rispondere direttamente alla domanda di una persona, nessuno ha bisogno di quei 10 link blu”.
Come a dire: ho creato uno strumento che permetterà a tutto il Mondo di non passare più nemmeno mezzo minuto a cercare la risposta giusta su Google. Ve la do io in meno di cinque secondi.

Perplexity è un concorrente di Google?

Cos’è Perplexity?
Perplexity AI è un “motore di ricerca basato sull’intelligenza artificiale che utilizza modelli linguistici di grandi dimensioni per fornire risposte accurate e complete e domande specifiche”. Questa è la risposta che ci ha dato lo stesso chatbot di Perplexity.

Ma facciamo un passo indietro per rispondere con cognizione di causa alla domanda che tutti ci stiamo facendo: Perplexity è un concorrente di Google?
Al momento non esiste uno strumento che possa superare Google in tutte le sue funzionalità. Dobbiamo attraversare oceani e continenti e arrivare fino in Cina per trovare una cosiddetta everything-app che possa eguagliare o superare l’azienda della grande G: WeChat. Ma la Cina è ancora un altro mondo.

A oggi, invece, nessuna delle nuove AI a disposizione di early adopter, nerd, curiosi e professionisti del settore tech ha davvero messo in discussione la posizione di mercato del prodotto di Larry Page e Sergey Brin. Proprio perché si tratta di tool non immaginati per il largo pubblico ma per nicchie di utilizzatori.

Basta vedere i dati:

  • Utenti attivi di ChatGPT a gennaio 2023: 180 milioni.
  • Utenti attivi ogni giorno su Google nel 2023: oltre un miliardo.

La guerra delle AI

Molteplici sono le AI che ci hanno entusiasmato da novembre 2022, cioè dai giorni del lancio di ChatGPT: Bard, Claude, Copilot, Gemini. Solo per nominare le più grandi.
Altra cosa è però Perplexity AI: che sembra mirare al bersaglio grosso.
Nel suo mirino non ci siamo infatti noi marketer, non ci sono i grafici, non ci sono i coder, né i lavoratori della cultura o dell’editoria.

C’è invece l’utente medio: che oggi si sveglia e vuole sapere quali sono gli ingredienti della carbonara. In meno di cinque secondi.

Ma è sufficiente andare sulla homepage di Perplexity, vedere la pulizia del design e leggere la sua tagline (“where knowledge begins”) per capire che questo non è strumento per (noi) nerd smanettoni, ma qualcosa pensato per tutti.

E che, potenzialmente, può cambiare il modo in cui ci muoviamo nel web.

Flashforward

Immaginiamo un futuro non lontano, nel quale Google non è più il motore di ricerca incontrastato tra Europa e Nord America.
Ecco lo scenario.
Parte del traffico di professionisti del digitale si è spostato su tool di sistemi linguistici basati su deep learning, mentre Google difende la sua posizione da altri motori di ricerca integrata con AI (come Bing/Copilot di Microsoft). Ma non solo. Al contempo la società di Mountain View deve anche guardarsi da un nuovo player come Perplexity, che ha creato un nuovo modo per fruire internet: sì, la maggioranza degli utenti utilizza ancora Google per trovare un ristorante, approfondire una ricerca, orientarsi nel mare magnum delle news, trovare strumenti di lavoro, o iniziare a fare shopping. Ma una nutrita minoranza preferisce Perplexity per avere risposte quasi istantanee a questiti e curiosità. Una minoranza in crescita che non vuole più faticare a cercare tra il mare magnum di possibili risposte di Google.

Cos’è davvero Perplexity?

Se il futuro che abbiamo ipotizzato è possibile, lo è perché Perplexity oggi ha un grande punto di forza rispetto a Google: la sua semplicità.
Google in meno di 30 anni si è fatto sempre più complesso. Da luogo virtuale dove trovare risposte a domande semplici e dove scovare siti di informazione è diventato una sorta di “contenitore di internet”: molti di noi non sono in grado di immaginare di entrare o muoversi su internet senza passare da Google.

Perplexity, invece, è una sorta di incrocio tra Google dei primi anni e Wikipedia. O, se preferiamo, possiamo dire che Perplexity è un Google senza rumore di fondo. Perché la sua forza sta tutta nella linearità: quando poniamo una domanda a Perplexity non abbiamo come risposta decine di link, valanghe di immagini, o box pubblicitari un po’ invadenti e camuffati da risposte a query organiche. Quello che abbiamo è solo la risposta alla nostra domanda corredata dalle fonti, qualche immagine e un pugno di domande suggerite a seguire.

Ovviamente il futuro che abbiamo immaginato nel nostro flashforward è solo uno dei tanti possibili: se avessimo una DeLorean alimentata a plutonio potremmo fare un salto in avanti anche solo di 10 anni e scoprire che davvero Google sarà detronizzato in favore di un internet diverso, policentrico e articolato su più piattaforme. Oppure potremmo ritrovarci in un futuro nel quale tecnologie come l’AI, la fusione a freddo e interfacce neurali ci hanno apparecchiato un mondo nuovo e quasi inimmaginabile.

Ah, se hai dubbi o curiosità su come spiccare nel mare magnum del web,
non esitare a contattarci!
P.S. Puoi sempre dare un’occhiata ai nostri servizi di Advertising o Content & Social 😉

Dal branding al blanding: dove sono finiti i loghi in corsivo?

Colori pop, font sans serif, scritte sgargianti e caratteri retrò: fin dove può spingersi il restyling di un logo?
Accade sempre più spesso che molti marchi scelgano di abbandonare il corsivo e restaurare il proprio logo per renderlo graficamente “più semplice”.
Ma per quale motivo?

Una tendenza piuttosto comune: il blanding

Partiamo dalla sua definizione.

Il blanding – crasi di bland (dall’inglese banale) e branding – è un termine coniato (scherzosamente) per definire la tendenza secondo la quale brand e aziende semplificherebbero il proprio logo eliminando font serif e caratteri decorativi.

E i big dell’high-tech ne sanno qualcosa.

Già da qualche anno, infatti, Google, Airbnb e molti altri hanno cavalcato l’onda di questo trend rendendo i loro loghi più semplici grazie ad uno stile lineare e minimalista, senza grazie né goffrature.

Per quanto però questa semplificazione favorisca maggiore chiarezza e leggibilità, specie sulle piattaforme digitali, in molti temono che tale tendenza possa giocare a sfavore dell’unicità e riconoscibilità del marchio.

Ma passiamo a un esempio più concreto.

Il re-blanding di Johnson&Johnson

Il brand farmaceutico ha di recente deciso di regalarsi una nuova veste grafica, abbandonando lo storico logo che, per ben 135 anni, ha riportato la firma del suo co-fondatore, James Wood Johnson.
In termini di branding, il design calligrafico introdotto nel lontano 1887 ha rappresentato un tratto distintivo, divenendo nel tempo sinonimo di garanzia e affidabilità.

Il restyling

Il nuovo logo – disegnato dalla Wolff Olins, agenzia londinese specializzata in corporate identity – abbandona il tipico carattere corsivo abbracciando un’estetica decisamente più fresca, giovane e pulita.

E non sono mancate le critiche.

Secondo alcuni addetti ai lavori, il nuovo logo sembra mancare di personalità (e identità), in quanto viene meno il carattere distintivo che da sempre ha contraddistinto il marchio sin dalla sua nascita: la firma del suo co-fondatore.

Lo stile minimal dato dal font bastoni rende infatti il logo uguale agli altri, quasi come se l’autenticità fosse stata sacrificata in nome di una maggior semplicità.

Blanding: questione estetica o di riposizionamento?

Quali possono essere dunque le motivazioni che spingerebbero i brand ad assecondare tale tendenza e abbandonare il corsivo?

Alcuni sostengono che la scomparsa del corsivo sia dovuta alla sua incomprensibilità: sebbene siano di più coloro che “lo parlano”, sembra che le nuove generazioni abbiano seria difficoltà a leggerlo. E non è un caso dal momento che il corsivo sarebbe stato escluso da alcuni sistemi di insegnamento scolastici statunitensi.

Ciò avrebbe portato alcuni brand, specie quelli più in voga tra i giovani, a rivedere i propri loghi nel tentativo di avvicinare il brand alle nuove generazioni di consumatori.
Ma non è questo il caso di Johnson&Johnson.
Sì perché il restyling del logo non risponde a mere esigenze “markettare” (passateci il termine) o di target, ma asseconda la necessità ben più evidente dell’azienda di riposizionarsi sul mercato incentrando il proprio core business sull’innovazione medico-farmaceutica.

Il brand ha deciso infatti di abbandonare il settore della Consumer Health di cui si occuperà invece il brand Kenvue, spin-out di J&J.

Dal packaging alle piattaforme online, la semplificazione operata a livello grafico risponde ovviamente anche all’esigenza del marchio di rendersi comprensibile al maggior numero di persone. Se ci fate caso, anche l’ampersand (ovvero la cosiddetta E commerciale “&”) è cambiata: mentre prima era scritta a mano, stilizzata (e quasi irriconoscibile), nel nuovo logo acquista invece piena leggibilità.

Tutte queste scelte, seppur molto criticate, riflettono appieno quello che è l’intento aziendale di J&J: l’abbandono del corsivo permette infatti al nuovo logo di “svecchiare” l’immagine aziendale, rendendola sicuramente più attraente e in linea con il settore medico-farmaceutico di riferimento.

Hai bisogno di un logo che esprima al meglio l’identità della tua azienda
e che solletichi la fantasia dei tuoi clienti?
Contattaci! Saremo felici di aiutarti!

Da Apple a Xiaomi: il potere della brand extension

Può un produttore di tecnologia di largo consumo diventare dall’oggi al domani competitor di Chrysler e Volkswagen? Ma soprattutto, quanto in là può spingere la brand extension?
La brand extension (o estensione di marca), se fatta a dovere, consente alle aziende di accrescere il proprio business, sfruttando la visibilità e la potenza del marchio.

Ma cos’è la brand extension? 🤔

Avete presente quando, girovagando tra le corsie del vostro supermercato preferito, siete incappati in quel prodotto novità di un marchio a voi noto?
Ecco, la brand extension – conosciuta anche come brand stretching – è una tecnica di marketing che prevede di sfruttare la visibilità e autorevolezza di un marchio, già noto ai consumatori, al fine di introdurre sul mercato nuovi prodotti o categorie di prodotto.
Ma vediamo ora due esempi concreti, seppur diversi, di estensione.

Dai computer ai dispositivi indossabili: il successo di Apple

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Nata come azienda produttrice di personal computer nel 1976, Apple ha dimostrato nel tempo una capacità di estensione senza precedenti.
E il lancio del nuovo iPhone, nel 2007, ne è stata la prova.
Il nuovo iPhone ha infatti segnato il punto di svolta epocale che ha contribuito a rendere l’azienda uno dei marchi in più rapida crescita su scala mondiale sbaragliando la concorrenza.
La qualità dei prodotti a marchio Apple, unita alla fiducia nutrita dai suoi seguaci e adepti, ha spinto l’azienda di Cupertino a estendere nuovamente il marchio, introducendo solo tre anni dopo, nel 2010, la prima generazione di iPad. Ma non finisce qui: nel 2014, Apple ha operato una nuova estensione, lanciando sul mercato il suo primo dispositivo indossabile, l’Apple Watch Series 0.
Non c’è dubbio: tutti i nuovi prodotti del marchio sono stati accolti positivamente dal mercato, facendo breccia nel cuore dei consumatori grazie alla forte credibilità e reputazione che l’azienda è riuscita a costruire di sé.

Xiaomi: dall’elettronica di consumo…ai veicoli elettrici!

Un’operazione di estensione un po’ insolita, ma piuttosto recente, è quella operata da Xiaomi che nel marzo 2021 aveva promesso di investire 10 miliardi di dollari nella produzione di veicoli elettrici.
Il brand, nato solo nel 2010, ha riscosso un enorme successo, facendo dell’inclusività il fattore chiave del suo posizionamento (in netto contrasto con Apple che da sempre punta invece sull’esclusività) e arrivando a diventare la terza più grande azienda di smartphone ed elettronica al mondo.
Ma cosa ha a che vedere un’azienda produttrice di smartphone e TV con le auto elettriche?
Ebbene, lo scorso dicembre la multinazionale cinese ha annunciato infatti il lancio della sua prima vettura elettrica, la berlina SU7, operando a tutti gli effetti quella che è un’estensione di marca.
Le intenzioni del brand sono apparse da subito chiare: seppur competitivo, Xiaomi punta a rivoluzionare il settore automotive grazie all’integrazione perfetta tra ecosistemi intelligenti e veicoli elettrici.
Quel che è certo è che il brand può contare ad oggi su una visibilità e potenza di brand non indifferente. Chissà che Xiaomi non riesca anche in questa impresa!
In conclusione, che si tratti di pura ambizione personale o di obiettivi di business audaci, quel che conta è rimanere coerenti, tenendo fede a quell’asset di valori su cui il brand affonda le proprie radici.
Stai cercando di dare risalto al tuo brand? Contattaci! Saremo felici di studiare la strategia di branding su misura per te!