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I 5 KPI chiave del Digital Marketing B2B

Il successo, specie nel contesto business, non è solo una questione di visibilità ma di risultati misurabili.

Per questo, sapere quali KPI di marketing – o Key Performance Indicator – monitorare se operate nel B2B è fondamentale per ottimizzare le vostre strategie di marketing e garantire un ritorno sugli investimenti.

In questo articolo, esploreremo i 5 gruppi di KPI essenziali da tenere sotto controllo per monitorare l’efficacia delle vostre campagne B2B.

1. Misurare l’attrattività di una campagna con i KPI di acquisizione

Il primo passo per una campagna di digital marketing B2B di successo è attrarre nuovi visitatori sul sito.
Le KPI di acquisizione aiutano a capire quanto il vostro sito web sia in grado di attrarre traffico di qualità, permettendovi di verificare se il traffico è qualificato e se il vostro sito è ottimizzato per convertire i visitatori in lead.

I principali KPI di acquisizione sono:

  • Conversion Rate: indica la percentuale di visitatori del sito che compiono un’azione desiderata, come una registrazione o una richiesta di contatto. Un tasso di conversione elevato indica che il traffico generato è di qualità e le call to action sono efficaci.
  • Bounce Rate: il tasso di rimbalzo misura la percentuale di visitatori che lasciano il sito dopo aver visto una sola pagina. Un bounce rate basso suggerisce che il contenuto del sito è rilevante e coinvolgente per il vostro target.

2. Misurare l’efficacia di una campagna con le KPI di Lead Generation

La generazione di lead è cruciale ma attrarre traffico non basta: occorre generare nuovi contatti qualificati che possano essere convertiti in clienti.
In questo senso i KPI di lead generation vi aiutano a valutare l’efficacia e l’efficienza del vostro processo di acquisizione.

Tra i principali troviamo:

  • Conversion Rate: misura la percentuale di lead che si convertono in clienti effettivi, aiutando a capire quanto efficacemente riuscite a nutrire i vostri lead e a farli progredire lungo il funnel.
  • Costo per lead (CPL): il CPL misura il costo medio di acquisizione di un lead. Monitorarlo è essenziale per ottimizzare il vostro budget marketing e garantire che il processo di acquisizione sia davvero funzionante ed efficace.

3. I KPI di vendita

I KPI di vendita permettono di capire quanto una strategia è in grado di trasformare i lead in revenue.

L’obiettivo? Monitorare la redditività delle campagne di marketing e la qualità dei clienti che state acquisendo. Inoltre, questi indicatori vi aiutano a rispondere alla domanda: “Quanti lead generano realmente entrate per l’azienda?”

I KPI di vendita principali sono:

  • Conversion Rate: si tratta del rapporto tra il numero di lead generati e il numero di clienti effettivi acquisiti. Un buon tasso di conversione indica che la vostra strategia di vendita sta performando a dovere.
  • Valore medio dell’ordine: indica quanto spendono in media i clienti acquisiti tramite la campagna. È un KPI cruciale perché riflette la redditività e la qualità dei clienti acquisiti.

4. Misurare la retention

Acquisire nuovi clienti è fondamentale, ma mantenere quelli esistenti è altrettanto importante, soprattutto nel B2B. In questo senso, i KPI di retention aiutano a capire quanto state riuscendo a mantenere i vostri clienti e a stimolare acquisti ripetuti.

I KPI di retention chiave sono:

  • Tasso di churn: misura la percentuale di clienti che abbandonano l’azienda. Un tasso di churn elevato può indicare problemi nella qualità del servizio o nella soddisfazione del cliente.
  • Tasso di retention: misura la percentuale di clienti che rimangono fedeli nel tempo. Un buon tasso di retention è indice di una relazione forte con i clienti e di una strategia di fidelizzazione efficace.

5. KPI di engagement

Anche nel settore business, l’engagement è cruciale per creare relazioni più profonde e durature con i propri buyer. Monitorare come il vostro pubblico interagisce con i contenuti vi fornirà informazioni sul loro interesse e sulla capacità di coinvolgerli. Un alto livello di engagement è segno che state fornendo valore ai vostri clienti. Inoltre, un maggiore coinvolgimento può tradursi in una maggiore probabilità che i lead si trasformino in clienti.

I principali KPI di coinvolgimento sono:

  • Tempo di permanenza sul sito: indica quanto tempo i visitatori trascorrono sul tuo sito. Più a lungo restano, maggiore è il coinvolgimento con i contenuti.
  • Tasso di scroll: misura la percentuale di visitatori che scorrono l’intera pagina. Un buon tasso di scroll suggerisce che la pagina è interessante e che i visitatori sono coinvolti.

Ricordate: ogni KPI deve però essere contestualizzato. Ad esempio, un alto tasso di conversione è utile solo se questo porta clienti di qualità. Analogamente, un CLV elevato (Customer Lifetime Value) è sostenibile solo se non comporta costi eccessivi in fase di acquisizione.

I 5 gruppi di KPI di marketing B2B che abbiamo appena visto non solo vi offrono una visione di insieme chiara delle performance di una campagna, ma vi permettono di prendere decisioni strategiche, raffinando in maniera costante la vostra strategia digitale.

Volete massimizzare i risultati delle vostre campagne di digital marketing B2B? Contattateci.
Il team di VStrategy è a vostra disposizione per una consulenza gratuita e personalizzata.

Lead Scoring: cos’è e come ottimizzarlo per migliorare le conversioni

Nel mondo del digital marketing, i lead non sono tutti uguali. Alcuni sono pronti per acquistare, altri sono solo curiosi. Ma come distinguere, dunque, all’interno del funnel i clienti “caldi” (ossia quelli potenziali) da quelli meno pronti a compiere la conversione? La risposta è il lead scoring.

In questo articolo, esploreremo che cos’è, perché è essenziale per le vostre strategie di marketing e come ottimizzarlo per massimizzare le conversioni del vostro funnel.

Cos’è il Lead Scoring?

Il lead scoring è un processo di valutazione che assegna un punteggio a ogni lead in base al suo comportamento, alle sue caratteristiche e al suo livello di interazione con la vostra azienda. Questo punteggio vi aiuta a capire quanto un lead è “caldo” e, di conseguenza, quanto è vicino a diventare un cliente o effettuare una qualsiasi altra conversione.

Il punteggio viene calcolato utilizzando una combinazione di:

  • Dati demografici come età, settore lavorativo, posizione geografica.
  • Comportamenti online ovvero visite al sito web, download di contenuti (come white paper o ebook), aperture di email.
  • Interazioni dirette come richieste di contatto, partecipazione a webinar, compilazione di form di richiesta contatto.

Perché il Lead Scoring è un parametro vitale per le conversioni?

Uno dei maggiori vantaggi del lead scoring è la capacità di allineare i team di marketing e sales. Una classificazione chiara dei lead permette ai venditori di dedicare il loro tempo e incentrare i propri sforzi sui contatti che hanno maggiori probabilità di acquistare, riducendo tempi morti e migliorando il ROI delle attività.

Gli altri benefici includono:

  • Il miglioramento della personalizzazione: con un punteggio preciso, potete inviare messaggi su misura per ogni fase del funnel.
  • L’ottimizzazione delle risorse: meno tempo sprecato su lead poco qualificati.
  • L’aumento delle conversioni: concentrandovi sui lead più caldi, le possibilità di chiudere le vendite aumentano esponenzialmente.

Perché è utile ai fini della vostra strategia?

Con un sistema di lead scoring ben strutturato, il vostro team di marketing può concentrare gli sforzi sui lead più promettenti, aumentando l’efficacia delle campagne e migliorando i tassi di conversione. Capite bene anche voi che incentrare le vostre azioni di marketing su lead poco caldi o per nulla pronti a effettuare la conversione distoglie la vostra attenzione da quelli più “promettenti”, diminuendo così le possibilità di portare a casa quel lead.

Come ottimizzare il processo di Lead Scoring

La definizione del punteggio da attribuire ai singoli lead è un processo che passa attraverso delle fasi inevitabili, tra cui:

1. Definizione del cliente ideale o Avatar Buyer®

Per costruire un sistema di lead scoring che sia davvero efficace, dovete partire dalla definizione del vostro cliente ideale o Avatar Buyer®.
Analizzate i vostri clienti migliori: quali caratteristiche hanno in comune? Quali comportamenti online li hanno contraddistinti prima dell’acquisto? Usate queste informazioni come base per la vostra strategia.

2. Integrazione fra dati qualitativi e quantitativi

Il lead scoring non deve basarsi solo su numeri, ma anche su intuizioni qualitative. Per esempio, un lead che visita frequentemente la pagina prezzi potrebbe essere più interessante di uno che scarica solo contenuti generici.

Ma quali azioni è bene considerare nella definizione del lead scoring?

  • Azioni online: tempo passato sul sito, numero di pagine visitate, tempo di permanenza su di una specifica pagina ecc.
  • Dati social: interazioni sui social media o con ghost post e annunci sponsorizzati.
  • Grado di interesse: email aperte, click su link specifici.
3. Utilizzo di una piattaforma di marketing automation

Strumenti come HubSpot, Marketo o ActiveCampaign possono automatizzare il processo di lead scoring. Questi software analizzano grandi quantità di dati, assegnando punteggi in tempo reale e aggiornandoli man mano che i lead interagiscono con il vostro brand.

4. Collaborazione sinergica tra marketing e sales

Un sistema di lead scoring valido funziona solo se è allineato con le esigenze del team commerciale. Organizzare meeting regolari è utile per confrontarsi su quali punteggi si rivelano effettivamente utili e su come migliorare il sistema (se ricordate, avevamo già parlato dell’importanza dello smarketing).

5. Analisi e aggiornamento regolare dei criteri di scoring

Il comportamento degli utenti cambia evolvendosi nel tempo, così come il mercato. Per questo, diviene essenziale monitorare in modo periodico l’efficacia del vostro modello di lead scoring, apportando quando e ove necessario modifiche basate sui dati effettivi e sulle performance reali riferite a uno specifico arco temporale.

Sfruttare il potenziale del lead scoring è ottimale per qualsiasi azienda che voglia ottimizzare il proprio funnel di vendita. Implementando una strategia di scoring solida e sfruttando le tecnologie giuste, sarete in grado di migliorare la qualità dei vostri lead, ridurre gli sprechi di risorse e, soprattutto, incrementare le conversioni.

Avete bisogno di aiuto per impostare o ottimizzare il vostro sistema di lead scoring?
Contattateci, vi daremo ascolto e tutto il supporto necessario per massimizzare l’efficacia strategica del vostro funnel di marketing.

Semplice = Efficace

Chiedi ad un It developer cosa si può fare “genericamente” con un app, con un sito o con qualsiasi altro software e la risposta che otterrai è: “Tutto!” Perché tutto si può creare in questo mondo digitale. Forse e dico forse, è stato ed è il più grande problema per quel Marketing che non trova sbocchi proficui. A partire dal sistema di gestione aziendale dove spesso i ruoli oltre che a non essere ben definiti, hanno dei confini ristretti e poco trasversali. In diverse aziende ho riscontrato la mancanza di un metodo di lavoro dove gli addetti hanno poca familiarità con il proprio ambito. Un metodo ben elaborato e soprattutto tailor made, che riesca ad essere coniugato con il propri sistemi digitali, renderebbe l’operato semplice da portare a compimento permettendo all’azienda di puntare a traguardi più grandi. 

Poi c’è il sito web, la piattaforma più incompresa. 

Troppo spesso si parla di “siti vetrina” e altrettanto spesso, quando viene creato un sito in cui davvero l’utente deve fare qualcosa, il percorso è solitamente articolato e poco chiaro. La causa è: si dedica poco tempo allo studio dei percorsi migliori, quelli più efficaci. Quante volte ti capita di imbatterti in dei siti dove vuoi acquistare qualcosa e solo per arrivare alla fine ci metti 400 click, mezz’ora di tempo e soprattutto navighi in 30 pagine diverse? Ma la vera domanda è: a meno che non sia una cosa per te obbligatoria faresti tutto il percorso?

Ho voluto esagerare un pochino 😀

La semplicità impone delle regole, dei confini efficaci, che rendono il processo chiaro, intuibile e concreto. 

Soprattutto per tipi amanti della tecnologia come me, ad esempio, può capitare che le mille funzioni aggiuntive del software CRM vengono viste come un plus. Mi è dispiaciuto contraddirmi, perché non sono affatto un plus. Di tanto in tanto, capita che anziché migliorare una procedura la si peggiora, complicandola, creando nuovi colli di bottiglia. E ciò che deve fare paura non sono i colli di bottiglia, sono i NUOVI colli di bottiglia, quelli che non conosci, che non hai ancora avuto modo di affrontare e prendere di petto. 

Ogni cosa, ogni procedura deve essere coerente all’Azienda, ogni software deve essere coerente all’Azienda ed ai suoi obiettivi.

Coerenza è semplicità.

COME RISOLVERE?

Semplice. 

Eliminando.

Buona giornata e buon marketing

Perché? Perché! Perché…

Lo ammetto… da piccolissimo, alla domanda: “che lavoro vuoi fare da grande?” Rispondevo: “il pilota d’aerei”. È vero, giocavo con i Lego, ma la passione di creare strategie, in realtà, è sbocciata da ragazzo, quando ho scoperto Risiko! e Monopoly. I miei due giochi da tavola preferiti da sempre.

Poi, ahimè, solo a 28 anni comprendo che questa mia attitudine poteva essere un lavoro. Meglio tardi che mai. Oggi ho 31 anni e sono davvero felice della scelta che ho fatto, in primis quella di essere un imprenditore e in secondo luogo, di mettere questa mia inclinazione nel scovare soluzioni al servizio degli altri e delle mie aziende. 

È proprio questo il punto. Al centro di tutto ci sono le motivazioni.

Quando le ho ri-scoperte e definite, la domanda: “Cosa vuoi fare da grande?” è passata da essere una domanda da un milione di dollari ad una domanda che ne vale cento.

Perché amo aiutare le persone, perché le persone sognano di far diventare le proprie realtà delle grandi realtà e soprattutto perché adoro la crescita con i cambiamenti positivi che essa porta. 

Attraverso la strategia di marketing e digital marketing riesco a disegnare quadri con delle strade percorribili ed efficaci. Trovare soluzioni e innovazioni nei processi. Analizzare i risultati per poi implementare con altre soluzioni.

Grazie alla strategia l’azienda può raggiungere i risultati che si è prefissata.

Ho capito che finché si parte dagli strumenti non si possono ottenere risultati concretamente duraturi, ecco perché ho deciso di strutturarmi e diventare azienda. Una realtà verticale solo ed esclusivamente nelle strategie senza operatività. Noi gestiamo l’operatività. Oggi condividiamo il nostro perché attraverso la strategia di marketing che verticalizza poi nelle strategie di web marketing. Partiamo dall’azienda, nella fase iniziale non ci bastano venti o cento domande. Passiamo intere giornate nell’azienda, dobbiamo capire. Dobbiamo conoscerla e cerchiamo di farlo nel più breve tempo che si può, consapevoli della questione che come una persona un azienda non si può conoscere neanche in un giorno.

Finiamo di conoscerla gestendo il progetto che abbiamo ideato, basato sull’azienda, sulle sue potenzialità come anche i suoi punti di debolezza. Basato sul mercato di appartenenza e la sua buyer persona. 

È bello misurare risultati strabilianti derivanti da soluzioni impensabili e apparentemente poco significative, come trasformare tessere segnapunti di carta in utenze per l’e-commerce appena creato. Come trovare margini significativi in dei touchpoint del customer journey che non si vedevano nemmeno. I grandi cambiamenti derivano sempre da piccole azioni e da grandi perché.

In merito alla questione “Perché” devo ringraziare una persona: Matteo, che ha voluto condividere uno dei libri più importanti che abbia mai letto: il libro di Simon Sinek, “Partire dal perché”. 

Nonostante fossi sulla “buona” strada, non riuscivo ad essere del tutto consapevole che il perché è l’unico motore in grado di far raggiungere alte vette e non lasciarle più. Rimanere sempre in vetta significa non fermarsi mai. Non fermarsi mai significa essere posseduti da forti e chiare motivazioni.

Oggi parecchio “marketing” parte dai “come” e dai “che cosa”: dovresti comprare il nostro telefono perché la batteria dura di più, dovresti volare con noi perché i nostri voli costano meno ecc. 

Aziende che utilizzano il marketing in questo modo, come il buon Sinek insegna, tendono verso benefit di breve periodo, perennemente in balia della concorrenza. Una gara senza fine. 

Abbiamo scelto di partire dai nostri “perché” di sposarli e di praticarli con i “come” e i “che cosa”, perché per noi non esiste nulla di più importante della missione.

Un bellissimo proseguimento di giornata e come sempre: Buon Marketing!

Stai misurando i tuoi numeri nel modo corretto?

Il termine KPI (key performance indicator) a breve potremo sentirlo anche nelle scuole e dal giardiniere che cura la rotatoria comunale e questo è un bene perché significa che si è capita l’importanza della misurazione dei dati di ritorno. 

Occorre però fare un piccolo approfondimento della questione.

Mi ricordo che uno dei miei mentori quando ero ventenne mi disse: “Ricordati sempre che i numeri quando strapazzati dicon sempre la verità”.

Ergo occorre strapazzare i numeri se si vuol sapere davvero come stanno andando le cose. 

Un paio di domande sulle quali ho riflettuto facendo esperienza?

  1. Basta solo strapazzarli? No, perché i numeri vanno anche saputi interpretare!
  2. Quanto pesa il grado interpretativo nella gestione dei numeri? Occorrono KPI ultraprecise, solo azzeccando davvero le KPI si riescono a stanare i numeri giusti e si può dire addio a possibili interpretazioni che ci conducono fuori strada!

Arrivo subito al punto con un esempio.

Ho un attività che produce e vende lampade. Ho una pagina Facebook con la quale condivido foto dei miei prodotti, curiosità su Edison che si vocifera non sia effettivamente il primo ad aver inventato la lampadina, la tipologia di materiali innovativa che utilizzo per costruire le ancora poco famose lampade. L’obiettivo della pagina è fornire alla mia attività una linea parallela di vendita.

Come da bravo autodidatta, accedo agli Insight della piattaforma (pannello di controllo KPI e gestione pagina) verificando l’andamento dei numeri. 

Noto con molto piacere che in soli tre mesi la mia pagina ha raggiunto 5k+ follower e 5k+. È davvero fantastico, significa che qualcosa nella mia comunicazione sta funzionando. 

Mi ritengo soddisfatto e… passano altri mesi…

Sono passati sei mesi e ti dico la verità il mio morale non è proprio alle stelle. Fatico con le vendite online. La pagina Facebook, sì, continua a sfornare like, ma non è la linea di vendita parallela che mi ero immaginato. 

Bene, ora torno ad essere lo stratega del marketing più simpatico del mondo.

Perché il mio finto me nonostante tutti quei follower e like non aveva una pagina che convertiva?

Le risposte possono essere tante e proprio a causa di questa molteplicità occorre sapere che numeri andare a strapazzare. Ancora oggi, purtroppo, si valuta spesso il lavoro di un social media manager a peso di follower e like anche quando gli obiettivi non è diventare Chiara Ferragni. 

Ma allora che metriche si dovrebbero strapazzare?

Intanto accorgersi per tempo che la pagina non converte. Poi da li andare in profondità, nel nostro bellissimo caso delle lampade, possiamo capire quale o quali sono state le maggiori cause di tutta quella affluenza. Vedere quali genere di post hanno tirato di più, in quale zona, affiancando la cosa a delle analisi magari di mercato e dei nostri competitor ecc. ecc. 

Di certo il numero di follower e di like non sono le KPI principali da tenere sott’occhio!!!!

La lista di azioni da fare se si vuol capire davvero è lunga e nella maggior parte dei casi, ahimè ci si ferma davanti alla pagina che fornisce il provider della piattaforma: in questo caso Facebook. 

Strapazziamoli sti numeri che abbiamo… Dietro ai numeri si celano grandi potenzialità di crescita.

Buon proseguimento di giornata, buon lavoro e…

BUON MARKETING!

Analisi SWOT – non basta farla una tantum!

Può sembrare che parliamo di banalità, in realtà, ancora oggi sento dire in alcune aziende che non conoscono l’analisi SWOT e in altre che invece sanno che cos’è e come si dovrebbe fare non vengono sfruttate tutte le potenzialità di questo strumento tanto semplice quanto fenomenale.

Partiamo dal principio

S – strength, punti di forza

W – waekeness, punti di debolezza

O – opportunities, opportunità 

T – threats, minacce

Già da una prima definizione dei termini stessi è facile intuire di cosa si tratta, o meglio a che cosa serve: avere una panoramica della situazione aziendale interna, definita dai suoi punti di forza e dai suoi punti di debolezza, inserita in quadro generale che comprende infine il contesto esterno dell’azienda dato dalle opportunità e le minacce, appunto esterne ad essa.

Quindi possiamo sinteticamente dire che avere un’analisi SWOT esaustiva per la nostra azienda significa avere il polso della situazione e poter prendere decisioni concrete. 

Per logica, tutte le aziende che conducono questa meravigliosa analisi dovrebbero non avere problemi nel ideare un piano d’azione realmente efficace. 

In realtà non è così per due ragioni:

  1. L’analisi SWOT viene elaborata “una tantum”;
  2. L’analisi SWOT viene condotta solo dall’interno.

L’analisi SWOT viene elaborata “una tantum”

Con il tempo, gestendo i progetti strategici che ho creato per aziende clienti, mi sono reso conto di un fattore non troppo scontato e ovviamente determinante. Si elabora solo all’inizio del progetto e poi si lascia ferma lì. Quasi come se fosse un oggetto essenziale per la nostra azienda che una volta acquistato siamo soddisfatti e apposto così. 

Tutt’altro, di seguito elencherò le principali situazioni che richiedono una rivisitazione dell’analisi SWOT fatta la prima volta:

  • Cambiamenti interni significativi (es. arrivo di un nuovo membro ani azienda)
  • Cambiamenti esterni significativi (es. guerra in Ucraina)
  • Raggiungimento di obiettivi principali (es. abbiamo raggiunto l’obiettivo del primo semestre)
  • Dopo 6/12 mesi dalla prima analisi (es. le cose cambiano, che ci piaccia o meno, noi cambiamo è dunque molto bene rifare l’analisi con intervalli annuali o semestrali)

Fondamentale capire che è sia un ottima base di partenza per l’elaborazione di qualsiasi strategia – noi di V Strategy ad esempio la utilizziamo per ideare strategie di marketing e web marketing, perché come diciamo sempre partiamo dall’azienda e non dagli strumenti – sia un ottimo strumento di controllo e management. 

Grazie a questo strumento si è in grado di correggere la rotta quando necessario e implementare la strategia con percorsi innovativi e sicuramente più efficaci che ci permettono di raggiungere i nostri obiettivi.

Alzi la mano chi elabora la propria analisi SWOT almeno due volte in un anno.

L’hai alzata vero?!

Bene, anzi, direi OTTIMO!

Se non l’hai alzata, nessun problema, i cazziatoni servono a ben poco. Ora sai, quindi sei comunque sulla buona strada, vedrai che utilizzando di più questo potente strumento riuscirai ad essere più efficace nel tuo lavoro. Provare per credere!

L’analisi SWOT viene condotta solo dall’interno

Qui potrebbe sembrare una tentata vendita, ma ti assicuro che non lo è affatto e non lo dico perché in realtà vorrei venderti la nostra consulenza, ma nascondo la mano dietro la schiena.

Ok, così sembra proprio il contrario, hai ragione. 

Vabbè, continua a leggere e capirai che ti ho detto la verità.

Perché potrebbe essere potenzialmente un problema se l’analisi SWOT venisse condotta solo dai protagonisti dell’azienda?

Semplice, perché anche i più critici e qualitativamente oggettivi si perdono qualche pezzo per strada quando devono scrutare dentro il proprio orticello. 

Questa è la cosa più normale di questa terra, come si dice, il calzolaio va in giro con le scarpe rotte, è vero che gira coi piedi di fuori perché non ha tempo per sistemare le sue di scarpe, ma è altrettanto vero che se maturasse un giudizio critico e oggettivo su se stesso farebbe l’impossibile per avere i piedi contenuti all’interno delle sue scarpe no?!

Ecco perché, sempre e ripeto, sempre, l’analisi SWOT va fatta insieme a delle persone esterne all’azienda. Magari anche in asincrono perché no, ma è davvero necessario il punto di vista di una persona che non ha nessun interesse in quell’orticello specifico.

Qui mi viene in mente una frase, onestamente non mi ricordo in che libro l’ho letta, mi ha molto colpito perché riassume il concetto in una maniera pazzesca: “assumi almeno un dipendente che non comprerebbe mai il tuo prodotto”. Sempre in maniera del tutto onesta, non mi ricordo neanche se fosse scritta esattamente così.

Recap:

  1. L’analisi SWOT viene elaborata “una tantum”;
  2. L’analisi SWOT viene condotta solo dall’interno.

Ora buon analisi SWOT e…

Buon Marketing

Non puoi fare marketing senza prima avere un prodotto perfetto

Ho sentito dire e cito testualmente: “il marketing è come un vestito che viene cucito su misura il cui obiettivo è rendere perfetto, migliore, qualcosa che in partenza non lo è affatto”. 

Ig-noto giornalista e marketer.

Bene, questo è la fuffa che impervia nel mercato e lo rende tossico deludendo costantemente gli investimenti delle imprese. Allo stesso tempo la stessa affermazione che ho sentito dire personalmente – in un certo qual modo realistica – ci pone davanti tutta la potenza del marketing.

Il compito del vero marketing è quello di facilitare il percorso cliente-azienda nulla di più nulla di meno, e detta così può sembrare che il marketing in effetti non abbia tutto questo appeal.

In realtà, il marketing è uno strumento davvero potente, forse il più potente fra tutti e lo vedremo insieme, di seguito, grazie alla logica.

AZIENDA GIORNALISTA MARKETER

Partiamo dal presupposto che anche i liberi professionisti sono di fatto delle aziende. Certo non hanno tutta la complessità e le esigenze di una multinazionale ma, nel momento in cui un professionista inizia a scalare il proprio business, o ragiona da azienda e si comporta come tale oppure, beh… la strada è tutta in discesa e non in termini positivi. 

Dunque anche il nostro amico “giornalista e marketer” è un’azienda.  

Ora diciamo che per raggiungere i suoi obiettivi, mette al servizio della comunità i propri prodotti e servizi, fra i quali: la sua consulenza, percorsi formativi e della frutta fresca. 

Precisazione: come mio solito sto facendo un po’ di ironia e mi sono inventato di sana pianta i servizi per ovvi motivi.

Ora mettiamo tutto il nostro focus sulla frutta secca, ah no, fresca, scusate. 

Facciamo finta che questo giornalista abbia creato una bella landing page (singola pagina di un sito web dedicata ad una campagna specifica) per poi andare con Google ADS (pubblicità a pagamento di Google). Bene.

Come da sua citazione, ha cucito il miglior abito possibile e immaginabile per la sua frutta e indovina un po’, solo con il primo giorno realizza un bel po’ di vendite. Lo credo bene, il vestito era talmente cucito bene che le banancie (la sua scoperta, il suo prodotto di punta, la fusione di banane e arance) non solo dal sito sembravano buonissime, ma soprattutto il solo pensiero di non averle ti faceva star male, dunque anche tu hai acquistato una cassa di banance secche, cacchio, fresche in uno stato di trepida attesa.

Cavolo mi sto contraddicendo, sto facendo un pessima figura. Dai che scherzo, aspetta e vedrai.

Finalmente ti arriva a casa il prodotto, finalmente eccolo lì, sopra il tavolo della tua cucina il packaging studiato nei minimi dettagli. Non stai più nella pelle. Inizi ad aprire il contenitore pregustando tutta la soddisfazione che sarà fra le tue emozioni fra qualche istante. 

Ecco, ci siamo.

Scopri la cassetta piena di banance e tutta d’un tratto, la soddisfazione si trasforma in delusione. Delusione perché tanto era ben condito il prodotto su internet che con quello reale aveva poco a che fare, sì, la forma c’è, ma i colori, i vari dettagli come la buccia ecc. sono abbastanza diversi. Photoshop è un gran programma. 

Se avessi visto dal vero le banance dal fruttivendolo, non le avresti mica comprate. 

La delusione si trasforma in ira verso il prodotto e l’azienda produttrice, che a sua volta diventa autopunizione: “come ho fatto a comprare na roba così, solo io…” Tutta la fiducia riposta sparisce in un attimo. 

Il marketing è il ponte che collega l’azienda alla fiducia del cliente e potenziale. 

Ora ti faccio una domanda, promettimi che risponderai in modo sincero:

“Comprerai mai più le banance?”

Il fatto è questo: il marketing è davvero tanto potente, è uno dei pochi strumenti che riesce a dare risultati anche nel breve periodo. 

Passami l’esempio un po’ estremizzato e metaforico delle banance, perché grazie a questo nuovo tipo di frutta (magari chissà, un agricoltore leggerà l’articolo e si metterà al lavoro) sono riuscito ad affrontare due concetti essenziali del marketing:

  1. Non utilizzare il marketing per condire troppo le faccende, alla fine i nodi vengono al pettine precludendo la vita del prodotto. Sarebbe stato più saggio utilizzare il marketing per definire realisticamente il prodotto ed utilizzarlo nuovamente con i clienti che lo hanno acquistato cercando di portarli in un percorso di feedback che avrebbero permesso il miglioramento del prodotto stesso (strategie di marketing gratis oggi);
  2. Se il prodotto non c’è, se si scopre che è mal posizionato, non dobbiamo rimanere ancorati alle nostre convinzioni o saremmo gli unici clienti. Cambiare è la password. Peraltro, è tutto fattibile grazie agli studi e le analisi di mercato che si fanno prima di creare una bella strategia di marketing, guarda un po’.

Bene, oggi non mi rimane altro che comprare un paio di casse di banance e augurarti…

Buon Marketing!

P.s. Hai notato che durante il piccolo saggio ho smesso di definire il giornalista anche marketer? Ora che ci stai pensando…

3. Oltre che posizionare bene il proprio prodotto, è fondamentale posizionare bene la propria attività.

Perché il marketing strategico non può abbandonare le aziende. PERCHÉ?

Obiettivo dell’articolo: SENSIBILIZZAZIONE

Chi mi conosce su LinkedIn sa che racconto il marketing anche attraverso i giochi da tavola. Ora facendo riferimento al poker: 

Poker di assi in mano: il più grande cruccio delle aziende è il reperimento di nuovi clienti. 

Il grande bluff: la cura ideale sono mettere in atto le pratiche di web marketing più in voga del momento. 

In realtà è una pensiero che volge al breve termine e non fa assolutamente bene all’azienda praticarlo.

È altrettanto vero che se non controllate adeguatamente queste pratiche quando mostrano tutta la loro efficacia possono diventare un vero e proprio boomerang che ci torna indietro dandoci una bella botta. 

Starai pensando: “Ma quando mai?”

Eheh, la pensavo anch’io come te quando iniziai col porta a porta per poi arrivare ad avere buoni profitti ed una azienda autonoma. Ci ho sbattuto qualche dentino. Credimi nella maggior parte dei casi avere più clienti quando non si è pronti a riceverli è un vero disastro dunque basare le proprie azioni tutte sul marketing definito operativo: pubblicità Google, pubblicità Facebook, pratiche di indicizzazione sito web, pubblicità per l’e-commerce ecc. Ho notato che con il passare del tempo nelle attività di business si crea una sorta di equilibrio azienda e nr clienti quando le aziende sono valide.  

Ora mi spiego meglio andando nel concreto.

Molte aziende, ma soprattutto professionisti in realtà non scalano il proprio business (e per fortuna) perché non hanno la struttura e prima ancora la strategia per farlo. 

Oggi ci farà da case study… 

Rullo di tamburi…

Francesco Verzoni, me medesimo. 

Dopo il primo periodo della mia vita lavorativa, un misto di gavetta, opportunità e tante batoste mi sono reso conto che se volevo davvero crescere avrei dovuto smettere di concentrarmi sul singolo cliente, ma sulle fonti e soprattutto sulla mia struttura per poter essere in grado di gestire il new business insieme alle altre iniziative che il mio amico cervello sfornava anche troppo spesso. 

Apro l’armadio e tiro fuori lo scheletro: lo ammetto sono partito senza strategia, ho stabilito un percorso che a grandi linee avrei perseguito da quel momento in avanti, ma senza troppi dettagli, senza studio, analisi e in totale mancanza di collegamento.

Sono stato davvero fortunato perché al mio fianco ho trovato mentori pronti a sostenermi e la risorsa che oggi mantiene e gestisce in maniera completamente autonoma quella che era il mio centro lavorativo h24. 

Mi è andata bene, perché la risorsa ha appreso velocemente ed in maniera ottimale tutti i meccanismi e le procedure che sostengono a tutt’oggi l’attività e nel contempo siamo riusciti a migliorare la qualità del servizio offerto aumentando il numero di clienti attraverso strumenti di marketing e web marketing.

Abbiamo rivisto il Customer Journey e ottimizzato processi di up-selling, cross-sell ecc. Abbiamo puntato molto anche sulla fidelizzazione,  ad esempio, ho pensato ad un sito web che raccontasse i nostri valori e senza volerlo si è rivelato una vera e propria manna in quanto ci ha permesso di differenziarci rispetto ai competitor. Offriamo ai nostri clienti uno strumento per poter prendere appuntamento direttamente dal sito, non è il “solito” sito che racconta una sub-Agenzia di Assicurazioni.

Ma il punto è, ci è andata davvero bene, non studiando ed elaborando a dovere una strategia di marketing verticale nel web marketing, tuttavia in un paio d’anni siamo riusciti cogliere nel segno seppur andando alla ceca. 

Come vedi non sono qui a dirti che se non acquisti da noi o da qualche altra parte un vero e decente progetto strategico insieme ai servizi di consulenza strategica vai a gambe all’aria, è potenzialmente una grossa balla. 

Il vero concetto che mi ha fatto davvero riflettere – ed è uno dei motivi per i quali ho creato questa azienda – è: “mai più nessun imprenditore che voglia crescere deve affidarsi al caso, alla fortuna, che, beh si sa, non ci vede a volte e tutti e ripeto tutti gli imprenditori che voglio davvero far crescere la propria azienda hanno potenziale per diventare saldi colossi e scalare il proprio business. Parte tutto dalla strategia, aziendale, che comprende quella gestionale, di marketing, di web marketing ecc. 

Situazione reale:

Mettendo che sei un’azienda che vende servizi – occhio, la stessa cosa vale per qualsiasi altro tipo di azienda.

Il tuo reparto vendite si perde una percentuale di contatti, ha un’organizzazione e gestione del tempo non al top ed è un reparto talmente autonomo che fatica ad integrarsi con gli altri reparti dell’azienda, insomma ha qualche ingranaggio da sistemare. Ora dimmi:

“Cosa te ne fai di un sito web che attrae un fantastiliardo di persone grazie all’annuncio pubblicitario acquistato su Google?”

VISIONE A BREVE TERMINE

La visione a breve termine ci aiuta parecchio a dare il via ad iniziative di questo tipo, otteniamo risultati abbastanza tangibili nel giro del breve termine e a quel punto nasce ODIF, è l’alter ego di FIDO, è sempre un cane che si morde la coda, ma ODIF al contrario di FIDO non è nostro amico.

Non è nostro amico che ci spinge dentro una vortice vizioso di spese fine a se stesse e soprattutto ci fa correre dietro alle mode del marketing contemporaneo. 

In questo tipo di visione la pratica operata per (non)raggiungere l’obiettivo diventa:

Google ADS (pubblicità su Google del proprio annuncio) —>  SUPER BAD PRACTICE (SBP)

VISIONE A LUNGO TERMINE

La visione a lungo termine sviluppa una strategia e dei piani composti da azioni concrete che ci avvicinano man mano al nostro obiettivo fino al suo raggiungimento. 

Ecco perché, per noi addetti ai lavori, diventa fondamentale partire dalla strategia di marketing per poi andare in verticale sul digital marketing. Al contrario partendo dai servizi si continua a delegare la parte primaria, quella strategica alla dea bendata. Peraltro siamo tutti vittime di manipolazioni: guarda caso tutte le realtà che offrono servizi operativi come sito web, advertising e altre pratiche OPERATIVE sono aggiornate su quelli più in voga che non sono altro che best practice attuate da aziende con una strategia che hanno raggiunto dei veri risultati. 

Ora, giusto per contestualizzare e non essere frainteso, guarda come cambia la pratica di prima se avvalorata da una strategia:

Google ADS (pubblicità su Google del proprio annuncio) —>  SUPER BEST PRACTICE (SBP)

La sigla è esattamente la stessa, come il tipo di operatività.

Fammi sapere se siamo riusciti a raggiungere il nostro obiettivo. 

Spero avrai capito che abbiamo una missione un tantino tosta: portare le parole innovazione e cambiamento nelle aziende. Ma si sa, solo le sfide impossibili valgono la pena di essere affrontate no?!

Buon Marketing!

Strategia di marketing e Digital Signage

Iniziamo con una risata triste.

Come al solito, oltreoceano, la tecnologia del Digital Signage è una pratica già utilizzata e affinata, ogni anno le aziende che approcciano questo nuovo modo di fare marketing sono sempre di più. Secondo il report fornito da Meticulus Research il settore del Digital Signage crescerà da qui al 2027 di un tasso annuo di crescita composto (CAGR – compound annual growth rate) del 4,3% per raggiungere un movimento di 19 miliardi di dollari. Conferma questo dato il Sales Manager B2B di casa LG Eletronics Italia in un articolo di Hardware Upgrade dove spiega che in epoca ante-Covid19 il mercato aveva un tasso di crescita del 3-5% annuo.

In sostanza le varie case principali come Samsung, Lg ecc ci stanno puntando molto, task force dedicate allo sviluppo, implementazione di questa tecnologia e vendita. 

Cosa può fare la tecnologia Digital Signage per un’azienda? 

Anzitutto, è uno schermo dinamico adatto a vari utilizzi:

  • Informazione: fuori dal cinema possiamo trovare questa tecnologia dinamica che riporta nello schermo i manifesti dei film in programmazione;
  • Interazione: totem interattivo dove l’utente può fare qualcosa di specifico “nell’azienda in cui si trova”;
  • Pubblicità dinamica: in base ad orari specifici, vengono lanciati contenuti attrattivi o in una vetrina smart dove l’utente grazie al qr code inserito nel contenuto può accedere a ulteriori informazioni o promozioni ecc.

Il Digital Signage ha tante possibilità di applicazione. Dal mio punto di vista quello che apprezzo di più sono i dati di ritorno che questo sistema fornisce. 

Purtroppo investire soldi in delle vele pubblicitarie non è mai stato proficuo, questa azione di marketing non fornisce dati di ritorno, quindi, report sui risultati dell’investimento fatto. 

Voglio lavorare concretamente su questo concetto: dati input e output (entrata e uscita).

Ora prendiamo come esempio pratico la vela pubblicitaria che vediamo tutte le mattine facendo il tragitto casa lavoro. L’azienda che ha pagato per ottenere quello specifico canale di Marketing potenzialmente ha buttato soldi al 50% perché se il lavoro è stato studiato a puntino, target, mercato, competitor ecc., è comunque mancante l’altra metà ovvero i dati di ritorno. L’imprenditore non saprà mai con esattezza tutto il new business che quella specifica vela ha portato alla sua azienda o la reportistica su qualsiasi fosse l’obiettivo da raggiungere. 

Augurandoci il meglio, comunque sappiamo di aver impiegato poco proficuamente il 50% dell’investimento fatto.

Al contrario il Digital Signage ci permette di colmare quella grossa lacuna.

Ora la raccomandazione, già sai vero?!

Il Digital Signage ci permette di colmare quella grossa lacuna solo e soltanto se studiamo il processo dall’inizio alla fine, lo ideiamo con una valida strategia e ci adoperiamo per avere entrambe le tipologie di dati, input e output, chiudendo il cerchio servendoci di metriche specifiche da elaborare per migliorare l’efficacia del nostro investimento. 

Esempio completamente inventato, ma concreto ai fini della comprensione.

Abbiamo un negozio di abbigliamento, installiamo dei totem interattivi che si accendono quando l’utente passa segnalandogli le promozioni del giorno. L’utente inizia così ad interagire con il monitor,  verso la fine del processo di interazione, vengono mostrati degli accessori in abbinamento al capo desiderato. L’utente conclude il suo processo di acquisto comprando due degli accessori mostrati. 

Analizziamo.

In questa strategia di marketing sono presenti i dati di input, quelli studiati a dovere prima della fabbricazione del contenuto inserito nel Digital Signage che se sono corretti il cliente è uscito dal livello di potenziale acquistando l’articolo proposto. Diventati più che corretti nel momento in cui lo stesso cliente decide di acquistare gli altri due articoli.

Sappiamo perfettamente cosa è successo in tutto il suo viaggio nel nostro negozio avendo a disposizione tutti i dati di output:

  • Ora di inizio;
  • Ora di fine;
  • Tempo per acquisto;
  • Target goal per articolo proposto;
  • Target goal per ulteriori articoli proposti;
  • Luogo momenti di indecisione;
  • Tempo momenti di indecisione.

FONDAMENTALI PERCHÉ

Elaboreremo questi dati, li confronteremo e punteremo a migliorare le performance di vendita all’interno del nostro negozio. 

Come sempre, grazie e…

Buon Marketing

Il marketing è previsione

Del doman non v’è certezza come scrisse Lorenzo de Medici, detto il Magnifico. Nella Canzona di Bacco rimarca il tema pagano “carpe diem”, a noi interessa per un motivo affine. 

Cogliere l’opportunità del presente è sempre più fondamentale per un’azienda che vuole continuare ad essere fiorente.

Il punto è: si possono creare le nostre opportunità? Abbiamo modo di prevederle? E soprattutto, come si può fare con il Marketing?

Se so dove voglio andare sono già a metà dell’opera perché intanto ho una direzione e devo essere davvero bravo a non distogliere mai lo sguardo dalla strada che mi ci porterà. Ripeto, mai.

Come sempre, desidero trattare la questione in maniera pragmatica, descrivendo una situazione da tutti i giorni. 

Ai tempi vendevo nel settore assicurativo, il lavoro andava bene, le mandanti erano contente, al contrario dei budget, insaziabili. Giustamente, raggiungere un budget significava meritarne un altro più corposo la volta successiva. È così che funziona. La mia vecchia realtà vive oggi come allora di retail, di vendite al privato. Lavorare sulla quantità alle volte significa sottostare ad uno scambio poco equo fra sforzo e risultati – la forbice della legge dei grandi numeri che si assottiglia con il passare del tempo. 

Iniziamo il ragionamento che feci all’epoca: 

Parte 1

  1. Quanto tempo mi occorre per informare 150 persone del nuovo prodotto?
  2. Se sono bravo, forse, 15 di loro mi daranno udienza.
  3. Se sono ancora più bravo, forse 3 di loro acquisteranno la garanzia.

Mmm, c’è qualcosa che devo approfondire e mi sono chiesto se ci fosse un modo per ottimizzare sta benedetta legge dei grandi numeri in tutti i suoi aspetti.

Parte 2

  1. Dove posso trovare il mio cliente tipo (buyer persona)?
  2. Come posso ottimizzare il processo di avvio della fiducia?

Molto concretamente e senza troppo condimento, ho scoperto che il mio cliente tipo è dipendente ed ha famiglia, insomma conduce una vita che molti di noi definirebbero stabile e nella norma.

Sono partito da qui. Ho iniziato a curare rapporti con i presidenti dei sindacati interni delle più grosse aziende della zona per poi offrire a tutti i dipendenti in un colpo solo delle offerte dedicate, prodotti specialistici ecc. Era come se con una telefonata parlavo alle 150 persone di prima e in qualche modo, almeno un po’, già si fidavano di me perché mi mandava la loro azienda – colei che alimenta i loro conti correnti tutti i mesi ;).

A parte le varie analogie con tutte le strategie di marketing intrise nella mia esperienza: lead generation, content marketing, scalabilità ecc. 

Oggi ne prendo una in particolare come spunto di riflessione, possiamo evitare di farci fuggire tra le mani le opportunità perché siamo pronti a coglierle. L’abbiamo prevista, di fatto, studiata esaustivamente una possibile strada da percorrere, grosso modo sappiamo dove porta e quando arriverà il momento saremo pronti. 

Desidero approfondire ulteriormente. 

Situazione A: non ci siamo posti nessun interrogativo, non abbiamo fatto alcun ragionamento, se per un caso fortuito. A questo punto ci chiama l’uomo chiave – più figo il decision maker – per un incontro perché vuole dei preventivi per la sua azienda e ha visto sulla banca dati che anche noi abbiamo una plurima di Compagnie, molto probabilmente lo avremmo snobbato perché consapevoli della infruttuosità dell’appuntamento. Aziende così grandi hanno assicurazioni con agenzie di brokeraggio nazionali, non le faranno mai con noi piccole Agenzie di brokeraggio, perché andare? 

Situazione B: ci siamo interrogati, abbiamo analizzato e ragionato la situazione, ci siamo creati l’opportunità e… per tutto il resto c’è MasterCard. Andiamo all’appuntamento consapevoli che i big contract li faranno altrove, ma ascolteranno sorpresi la nostra proposta: il vantaggio di ad avere un referente in loco che accudisca la fascia dipendenti, dunque fornire loro un ulteriore servizio!

  1. Studiare
  2. Pianificare
  3. Prevedere
  4. Raccogliere 

Quante opportunità di business hai perso a causa dell’assenza di una strategia?

Avere una strategia di comunicazione equivale a creare le opportunità più proficue per il nostro business. Conoscere il percorso, affrontare l’imprevisto con serenità. Sapere dove andiamo e cosa dobbiamo fare per arrivare a meta. 

Dipendentemente dagli obiettivi, il sito e i social media sono il nostro megafono, i nostri uomini chiave di cui sopra. L’inbound marketing, attraverso la condivisione di contenuti autentici e di valore per i nostri destinatari.

Costruire qualcosa di solido che perduri nel tempo e ci aiuti costantemente nelle attività di vendita, oggi è possibile con il marketing autentico. 

A presto, buona giornata e buon marketing