Relazioni vs post efficaci
Sono partito quasi un decennio fa, correva l’anno 2012, quando, stanco di non essere autonomo nelle finanze, ero in cerca di lavoro. All’epoca, presentai domanda anche per entrare nei corpi militari, qualsiasi fosse stato, a me non importava. Mi sono sempre chiesto il perché non fosse significativo il tipo di corpo, peraltro, ci sono enormi differenze fra di loro, marina, aeronautica, terrestre, e di sicuro sono discriminanti in linea teorica nella scelta. Oggi forse, riesco a dare parziale risposta alla domanda: cercavo un semplice impiego, questo doveva avere tre caratteristiche fondamentali per dargli la sufficienza, essere sicuro al 1000%, tipo le poste, doveva pagare bene, in modo da permettermi un bel tenore di vita (il che è molto relativo per ognuno di noi) e cosa più importante, nel lavoro, dovevo ricevere dei compiti ben precisi, delineati, definiti, così da non occupare troppo spazio nella mia mente e nelle mie responsabilità. Ecco perché non è mai stato un fattore rilevante il tipo di corpo militare scelto. Inutile dire che spinto da queste motivazioni non sono riuscito ad entrare in nessun corpo militare. La vita, per tutta la vita, ha sparato – rimanendo in tema – esperienze contrarie. Mi sono reso conto che la vita è responsabilità. Responsabile dei propri talenti, pochi o tanti che siano, usarli in modo dà contribuire, lasciare un posto migliore di come lo si è trovato (Baden Powell). Tanto per cominciare, i soldi sono collaterali ai nostri trascorsi lavorativi e no, hanno un’importanza circoscritta alle conseguenze delle azioni lavorative, diciamo così. In merito alle certezze, come le intendevo io, beh, non ce né sono. Neanche un posto statale può essere definito privo di rischi, anche lo Stato in cui uno vive cambia. Lo dimostra la storia della politica, nello specifico quella italiana, partendo dagli antichi romani, fino ad arrivare ai nostri giorni, quante mutazioni.
Lo status quo della mia esperienza: oggi sono consulente freelance, mi occupo di consulenza aziendale, nello specifico mi occupo di strategie di marketing e digital marketing, servo le aziende fornendo loro strategie applicabili allo strumento web e non solo. Approdato al marketing passando per circa dieci anni, dal settore assicurativo, gestendo insieme a mia moglie, negli ultimi anni, il nostro ufficio. Ora è il suo bambino.
Rileggendo queste righe, così a colpo d’occhio, è quasi impossibile non rendersi conto che nessuna delle cose da me auspicate all’inizio del percorso sia arrivata. Forse, gli esatti opposti in termini di significato. Il fattore che ancora oggi mi lascia di stucco, in senso positivo è che non avrei mai potuto immaginare di camminare in un sentiero simile, di vivere ciò che ho vissuto e di imparare molto proprio nel tema relazioni. Ho praticamente incontrato e conosciuto decine di migliaia di persone. Ognuna di loro ha condiviso con me qualcosa, un caffè, una risata, una breve discussione, una cena, una vacanza, un rapporto più profondo, un ciao, una relazione lavorativa di lunga durata.
Da qui l’importanza delle relazioni. Il confronto. Condividere qualcosa. Impariamo costantemente da questo qualcosa.
Le relazioni sono state l’ingrediente, le fondamenta di ciò che oggi rappresenta la mia persona.
Lo scambio è crescita. Lo denota uno dei lavori moderni, c’è chi si occupa di public relation. È il primo marketing. È un fenomeno in costante crescita. All’inizio di ogni storia c’è qualcuno che deve credere in essa. Qualsiasi sia il prodotto, il servizio, l’impresa. Tutto inizia con la relazione.
Il famoso – do ut des locuz. lat. (propr. «do [a te] perché tu dia [a me]»). – Nel diritto romano, denominazione di un tipo di contratto innominato, che si configura quando la prestazione già eseguita e quella che si aspetta in cambio consistono entrambe nel trasferimento di proprietà di una cosa (permuta). La locuzione (talora sostantivata al masch.) si usa anche con sign. più generico, a proposito di favori che si fanno nella previsione di ricevere adeguato contraccambio.
[Treccani https://www.treccani.it/vocabolario/do-ut-des/ ]
Tutte le relazioni, tutte, si basano su questo principio, la previsione (non la certezza) che si possa ricevere qualcosa in cambio.
Dunque perché lo si fa?
Sosta su “tipo di contratto innominato”, come da definizione sopra. L’obbligo di dare qualcosa in cambio non trova posto nel concetto. È più una aspettativa che nasce dopo il “do”. Anche quando manca la seconda parte, “ut des” – mi perdonino i latini per aver manipolato il detto – in realtà non viene a mancare nulla. Di fatto, l’uso delle parole è importante, non corrisponde alla matematica, cambiando “l’ordine” degli addendi si ottengono significati completamente diversi: “dare per ricevere”, “dare, ricevere per”. Quando non si riceve qualcosa, è apparenza.
Le relazioni sono degli indicatori. Vengono studiate a tutti i livelli, analisi trasversali a parecchie materie, marketing, psicologia, filosofia, antropologia ecc.
Relazione tra fornitore e fruitore in senso ampio e massimo, riesce a racchiuderne tutte le tipologie. Sono due ruoli interscambiabili. Peraltro, l’interscambio è il nucleo. Trovo interessante il parallelismo con la frase: “non fare ciò che non vuoi sia fatto a te”. In fin dei conti entrambe le posizioni, fornitore e fruitore, interessano in maniera costante qualsiasi persona.
Le relazioni non possono essere soppiantate da chat, like o follower.
Si è vista più una loro aggregazione a questo macro-tema. Dietro un like non è detto che ci sia un like, così come dietro un follower non è garantito che ce ne sia uno interessato.
Le relazioni partono dall’uomo e finiscono con esso.
La tecnologia è un mezzo, muta mangiandosi anche tre generazioni alla volta. Rimane pur sempre un mezzo.
L’essere umano con le sue relazioni non è sostituibile.